Corini non piange mai
Domenica, sotto quel diluvio così poco palermitano, non si capiva più se era pioggia o lacrime
La zucca pelata ce l’aveva già quando ancora giocava, giocava bene, con la maglia rosa e nera. Domenica, sotto quel diluvio così poco palermitano, con l’acqua che gli colava dalla pelata fin dentro gli occhi azzurri, che non si capiva più se erano pioggia o lacrime, lui ci ha creduto, di poter fermare sulle “reti inviolate”, come diceva Ameri, la Banda degli Orfani. Ma oggi quella è la Banda Neocinica di Steve Pioli, non si poteva fare. Eugenio Corini era un capitano coraggioso e oggi è un tecnico di valore, tutto d’un pezzo. E non piangeva, no, sotto la pioggia di Palermo. Forse gli è venuto da piangere, ma per la stizza, soltanto dopo.
Quando, passata la trance agonistica, si è ricordato che ha un padrone che si chiama Zamparini, Maurizio “you’re fired” Zamparini. Così ha detto: “Ho chiesto al direttore sportivo Nicola Salerno un incontro. Adesso ci vedremo e ci confronteremo”. “Sarebbe sterile continuare a dire che mi gioco la panchina a Napoli, poi col Crotone in casa e così via. Penso che sia il momento di capire su chi puntare per le prossime 17 partite e per affrontare con orgoglio e dignità le partite che rimangono. In questo giochino di essere messi in discussione ogni partita io non ci sto”. Ecco, così fanno i bravi allenatori. Anche se hanno la sfiga di avere padroni più inaffidabili di Ansaldi quando perde palla. E da ragazzo religioso com’è, ad averlo saputo, forse domenica Joao Mario gli avrebbe dato una mano. Sotto il diluvio.
Il Foglio sportivo - in corpore sano