Papa Francesco (foto LaPresse)

Che cosa troverà il Papa dell'antica alleanza tra fede e politica in America?

Rileggere John Rawls per capire il grande equivoco delle guerre culturali e il tradimento del liberalismo. La profezia di Benedetto XVI e la misericordia di Francesco.

New York. Alcuni anni dopo la sua visita negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha detto ai vescovi americani che l’aspetto più memorabile di quel viaggio è stato “l’opportunità che mi ha offerto di riflettere sull’esperienza storica americana della libertà religiosa, e più specificamente sul rapporto tra religione e cultura”. Ratzinger notava che il consenso implicito al centro della cultura americana “riguardo alla natura della realtà e del bene morale” si basava su “una visione del mondo modellata non soltanto dalla fede, ma anche dall’impegno verso determinati principi etici derivanti dalla natura e dal Dio della natura”, e concludeva notando che lo sperimentale matrimonio a stelle e strisce fra fede e ragione mostrava segni di cedimento: “Oggi tale consenso si è ridotto in modo significativo dinanzi a nuove e potenti correnti culturali, che non solo sono direttamente opposte a vari insegnamenti morali centrali della tradizione giudaico-cristiana, ma anche sempre più ostili al cristianesimo in quanto tale”.

 

Se Benedetto XVI si concentrava sulla riflessione intorno all’origine del rapporto fra religione e ordine politico, segnalando con profondità filosofica convergenze e asimmetrie, a Francesco tocca affrontare le conseguenze terrene della disgregazione dell’alleanza ideale. Gli Stati Uniti che visiterà la settimana prossima, per la prima volta nella sua vita, esibiscono in forme identificabili gli effetti dell’equilibrio spezzato fra ordine cristiano e secolarizzazione, il cuore originario dell’esperimento democratico americano. Quelle che fino a pochi anni fa erano “nuove e potenti correnti culturali” ora sono sentenze, leggi, mandati, ordini esecutivi, inappellabili interpretazioni costituzionali. La tensione fra i due poli della civiltà americana si è spostata dall’accademia alla vita. Ci sono pasticceri incriminati per essersi rifiutati di guarnire torte nuziali per sposi dello stesso sesso, inservienti di tribunali che affrontano il carcere pur di non essere costretti a violare la propria fede mettendo la firma su certificati di matrimonio omosessuale, scuole d’ispirazione cristiana che rischiano pesanti conseguenze legali perché nei loro statuti si dice che il matrimonio è fra un uomo e una donna; l’Obamacare costringe tutti i datori di lavoro, incluse scuole, università e ospedali cristiani, a fornire l’accesso gratuito ai contraccettivi nelle coperture assicurative. A chi invoca una “esenzione religiosa” implicita nel primo emendamento alla Costituzione o l’obiezione di coscienza lo stato risponde che chiese, parrocchie, templi e altri luoghi di culto continueranno a essere protetti, ma qualunque istituzione a tinte religiose che ha un impatto sulla vita pubblica deve conformarsi alle regole, inneggiando all’uguaglianza e dando la caccia al peccato originale dell’odierna vita civile, la discriminazione. Traendo correttamente le conclusioni da queste premesse, il giurista Alan Dershowitz ha detto che anche i medici dovrebbero essere costretti a fare aborti e somministrare iniezioni letali laddove è legale, senza eccezioni motivate dalla coscienza o dal credo.

 

Per capire la portata dei cambiamenti sociali in atto nell’America del pluralismo e della religione civile è utile leggere la raccolta di saggi “Rawls and Religion” (Columbia University Press) curata da Tom Bailey e Valentina Gentile, rispettivamente professori alla John Cabot University e alla Luiss. Come scrive Sebastiano Maffettone nella prefazione, l’impatto del liberalismo formulato da John Rawls è talmente profondo che si potrebbe dire che i filosofi politici “vivono nell’era di Rawls”. L’idea dei curatori è che il filosofo “offre ricche, dimenticate risorse per accomodare le religioni nella vita politica liberale”. La visione liberale rigetta l’affermazione di dottrine religiose come base della convivenza, ma questo non impica necessariamente una divisione radicale e senza intersezioni fra i due mondi. Termini prepolitici, per dir così, come “reciprocità”, “rispetto”, “consenso” ritornano ciclicamente in una tensione fra visioni religiose e vivere civile che Rawls preferiva risolvere con la ragionevolezza del compromesso piuttosto che con l’esclusione di tutto ciò che non si conforma all’ordine liberale “neutrale” (sulla neutralità del liberalismo la contemporaneità americana offre infiniti spunti critici). “L’esclusione delle religioni – scrivono Bailey e Gentile – è estremamente limitata e qualificata, tanto che Rawls offre un vasto accomodamento delle religioni nella vita politica, e le nozioni di ‘rispetto’ e ‘consenso’ sui cui l’esclusione è basata sono più sottili, aperte e flessibile di quanto credono i suoi critici”.

 

[**Video_box_2**]Maffettone scrive che la “riconciliazione” che Rawls propone “è diversa dalla visione standard del liberalismo. Per i liberali tradizionali la religione è un ostacolo alla pace e alla stabilità, e questo atteggiamento sospetto li conduce a confinare la religione alla sfera privata. L’atteggiamento di Rawls è diverso. Per lui, la religione è una parte costituiva della res publica liberal-democratica, i suoi esempi sono religiosi liberali come Abraham Lincoln e Martin Luther King. Così, invece di privatizzare la religione, Rawls propone una via per renderla fruttuosa per tutta la popolazione”. Basterebbe questa rilettura “accomodante” di Rawls per offrire validi argomenti critici della deriva secolarista americana senza aggrapparsi a punti d’appoggio teologici. Chi, all’interno della chiesa, ha individuato nella forma americana del liberalismo un esempio di laicità buona, opposta all’incompatibilità radicale sperimentata in Europa forse aveva letto Rawls in profondità. In questa prospettiva, gli sviluppi della società americana colti in anticipo da Benedetto XVI non solo contraddicono la sensibilità cristiana, ma tradiscono anche le intenzioni dell’eroe eponimo del liberalismo americano contemporaneo. A Francesco, che guarda il mondo miserando atque eligendo, spetta il compito di tentare una più profonda riconciliazione.

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