Pastorale americana di Francesco
Washington, dal nostro inviato. Oltre ai raduni di massa con le famiglie e i grandi discorsi istituzionali, nell’agenda del viaggio di Francesco tra Caraibi e Stati Uniti c’è un altro appuntamento che va segnato in rosso: l’incontro con i vescovi statunitensi, in programma oggi nella cattedrale di San Matteo, a Washington. Il Papa latinoamericano si troverà per la prima volta davanti alla grande e ricca conferenza episcopale che più di ogni altra ha fatto capire di seguire obtorto collo le priorità indicate, fin dall’atto della sua ascesa al soglio petrino, da Francesco. Due mondi agli antipodi: da una parte la chiesa militante, delle marce pro life e della battaglia per la conquista dello spazio pubblico; dall’altra il Papa che dice di non “capire bene” cosa si intenda dire quando si parla di “valori non negoziabili”. Da una parte le diocesi con investimenti nel settore petrolifero, dall’altra il Pontefice che mediante enciclica chiede di salvaguardare il creato. Il tutto poggiato su uno scenario in cui i semplici cattolici americani, probabilmente, sono più “francescani” di quanto lo siano, oggi, le alte gerarchie. Lo stesso arcivescovo Charles Chaput, cerimoniere dell’Incontro mondiale delle famiglie che culminerà con la messa celebrata domenica prossima dal Papa a Philadelphia, tempo fa sottolineava a mezzo stampa i silenzi del vescovo di Roma su tutte quelle questioni su cui la chiesa americana era stata in prima fila negli ultimi tre decenni. Il cardinale Francis George, per quasi un ventennio arcivescovo a Chicago, prima di morire lo scorso aprile esprimeva tutta la sua difficoltà a capire dove stesse andando la chiesa spinta dagli impetuosi venti di riforma liberati da Bergoglio.
“Vorrei chiederglielo di persona”, confessava. Tre anni fa, nei conciliaboli del pre Conclave e nella mera vulgata giornalistica, si metteva sul piatto l’ipotesi di vedere eletto al papato un americano yankee. Uno dal profilo manageriale, di chiudere con le storiacce di Vatileaks e di rinnovare l’anima della chiesa battagliera sul terreno dei valori cosiddetti non negoziabili. I candidati, di certo, non mancavano. Facevano conferenze stampa per conto loro, viaggiavano tutti insieme su pulmini separati, per far capire il “peso” della chiesa americana. Poi lo Spirito s’è posato altrove e a Santa Marta c’è andato un gesuita che alle battaglie pubbliche e ai sit in organizzati preferisce sanare le ferite negli ospedali da campo. L’antifona suonava come la pietra tombale sui programmi di risveglio e conseguente presenza nello spazio pubblico. Anche perché nel frattempo la Corte suprema ha stabilito – con voto decisivo del giudice conservatore Anthony Kennedy – che le nozze tra persone dello stesso sesso sono costituzionali. E la reazione dei vescovi, nonostante il nuovo corso, è stata pari a una dichiarazione di guerra: “Indipendentemente da ciò che una risicata maggioranza della Corte suprema possa decidere in questo momento storico, la natura della persona umana e del matrimonio rimane invariata e immutabile. E’ profondamente ingiusto e immorale che il governo dichiari che due persone dello stesso sesso possono unirsi in matrimonio”.
[**Video_box_2**]Vent’anni prima del discorso di Benedetto XVI ai presuli americani, dinanzi ai plaudenti coniugi Clinton, Giovanni Paolo II gridò a Denver che questa è l’epoca in cui “è soprattutto la famiglia ad essere attaccata. E viene negato il carattere sacro della vita umana”. Due decenni dopo, capita che una famiglia omosessuale sia invitata alla Casa Bianca, come parte del comitato d’accoglienza organizzato per il Pontefice. Marge Winters e sua moglie Andrea Vettori, che da tempo sognavano di incontrare Francesco, si sono viste recapitare a casa il prezioso invito. Marge, quattro mesi fa, era stata licenziata da una scuola cattolica di Philadelphia, in seguito alle proteste dei genitori di alcuni studenti riguardo le sue nozze con la compagna Andrea. Mons. Chaput s’era detto d’accordo con la scelta, non immaginando di trovarsi ora a salutare Francesco vicino alle due signore. Ma il vento è cambiato, e il Papa domani si troverà davanti anche vescovi come Francis Quinn, emerito di Sacramento che intervistato da America magazine ha rilanciato questioni “che non avrei mai predicato pubblicamente in passato”, quale ad esempio il tema dell’ordinazione sacerdotale delle donne, argomento su cui Bergoglio ha già detto che non sarà messo all’ordine del giorno – “l’ha detto Giovanni Paolo II, con una formulazione definitiva. Quella porta è chiusa”. A giudizio del presule, “lo Spirito sta chiamando le donne a essere diaconi e preti, ma lo Spirito si è dimenticato di dirlo alla chiesa”.
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