Quelli che ritornano e non se lo possono permettere, Elton John è bergogliano
“Uno che piscia da sotto in su
e tutti che cantano I love you”
Non c’ho la biro. Perché se uno non c’ha la biro è un pirla? Non c’ho la biro, e allora? Non c’ho la biro, e ci metto più tempo io a prendere appunti su quel che non succede, e non succede no, dentro l’Evento registrato-in-diretta che il mio angelo custode inviato nel social-mondo a inondarmi di whatsapp che hanno già capito tutto: stili qualità e minchiate notevoli. Insomma quel poco che capisco, del Festival, me lo scrivono su Whatsapp. No, non per essere proprio un pirla. Ma una volta il Festival era in diretta, col microfonone e la valletta, e adesso, se avete visto Elton John, Elton John che rispondeva in inglese alla domande in italiano prima che il traduttore avesse il tempo nanosecondo di tradurre, è o non è più fasullo di un referendum sul blog di Grillo, di un intervento alla Camera di Renzi? (Dal social-mondo: “Dài, non fa in tempo a dire 'ci piace Sorry seems…' e lui parte”). Elton Jonh che però, con buona pace di Costanza “Tu-mi-turbi” Miriano sembra più che altro un perfetto mix tra Red Ronnie (tinta) il Cav. (taglio) e Apicella (piano), e non fa proclami genderisti. Invece si allarga il cuore quando dice: “Il mondo è un luogo difficile in cui vivere per tante persone: dobbiamo avere un approccio cristiano e aiutare queste persone”. Bergogliano ad honorem. Non sarà proprio “la carezza del Nazareno” (no, non “quel” Nazareno), però Elton John è uno di noi.
La stangona rumena vale una stangona rumena (anche se ci sono dei matti che twittano “Laura Pausini affittaci l’utero”), è adeguata allo standard Poste &Telegrafi della Rai leoniana. Però dal social-mondo riferiscono pure di deliranti commenti che si scatenano contro i rom (avvisate Boldrini, blindate il paese irreale) e forse più che le bindelle arcobaleno genderiste servirebbero le bandiere di Sant’Egidio.
[**Video_box_2**]E io non lo so bene, ma dopo 15 minuti @christianrocca ha già twittato “l’edizione peggiore della storia”, e lui di solito non sbaglia mai. Non lo so bene ma c’è quella cosa che, mi dicono, è la quint’essenza di Sanremo, i “ritorni”. E Gurreri con gli Stadio, e Morgan coi Bluevertigo e anche Enrico Ruggeri. E Morgan è più afono di Mattarella, anche se dal social-mondo un angelo wathsappa cuoricini e una lacrimuccia, “canzone molto bella”, e io invece soffro per Rouge, che lo amo, ma non tutti invecchiano bene come Gaber o Keith Richards. E invece sabato sera c’erano sul Canale Nazionale Rai Massimo Ranieri (64) e Riccardo Cocciante (69: ci avreste creduto?) e avevano delle voci, e del professionismo, da fare chapeau. E pensateci, c’è qualcosa che non quadra, o dice molto persino dell’Italia reale, di questi 50enni che non sono né la generazione dei padri come Celentano, né di quella talent, che tornano senza voce a Sanremo a “cantare dentro nei dischi perché hanno i figli da mantenere” (Jannacci) ma sono bolliti, e farebbero prima ad andare all’Idroscalo a inseguire “un grande amore” (Sempre Jannacci).
Poi ci sono non diremo i giovani, ma tutte quelle cantanti senza dignità di cognome che oramai sono big, e sono bravem e dal social-mondo whatsappano “Noemi, Arisa, belle”. E Lorenzo Fragola invece, il primo a cantare, con un completo da primo giorno in banca e la cravatta. Ma piace alle mamme. E se piaci alle mamme, di solito a Sanremo vinci.
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