Spinacio

Stefano Di Michele

Erba, della famiglia chenopodiacee. Pare sia originaria dell’Asia occidentale, oggi comunque presente in larga parte negli orti di Arcore (Europa occidentale).

    SPINACIO s. m. (pl. –ci). Erba, della famiglia chenopodiacee. Pare sia originaria dell’Asia occidentale, oggi comunque presente in larga parte negli orti di Arcore (Europa occidentale). Lo spinacio rappresenta sempre un problema con i bambini (di solito un paio di forchettate dello stesso viene scambiato con un’ora di visione di Peppa Pig), e soprattutto subito dopo una cena romantica, essendo caratteristica dello stesso, al  momento strategico, quella di finire incastrato e ben visibile tra gli incisivi. Ora, dopo un periodo di oscuro praticantato – usato per i ravioli con la ricotta, sminuzzato nelle polpettine con ceci e mozzarella o nel muffin con carotine – l’ottimo spinacio torna finalmente agli onori del mondo e della scena politica. Come i Tudor avevano la Rosa e gli Aragona il Melograno, Renzi il Giglio di Firenze e D’Alema il Vitigno di Narni, così Berlusconi, nella nuova fase politica post-Nazareno ha voluto decisamente puntare sullo Spinacio (in campo azzurro, araldicamente dettagliando). Il debutto l’altra sera, secondo le cronache (titolo a tutta pagina di Libero: “Il patto degli spinaci”), alla cena arcoriana col ritrovato Salvini. “Mangia gli spinaci, Matteo, che fanno bene, contengono ferro!”, così evidenziando tanto paterna sollecitudine quanto strategia politica futura. Più che l’ “Elogio della pazzia” di Erasmo, che oltre vent’anni fa favorì la sua discesa in campo, pare che a determinare stavolta la scelta dell’emblematico contorno durante la cena sia stato il rinvenimento nei magazzini di Segrate, nelle settimane passate, di un antico manoscritto: “Oggi spinaci… domani pugni” (Oscar Mondadori, 1974). “Il miglior programma politico che abbia inteso negli ultimi mesi!”, ha scandito entusiasta il leader di Forza Italia. “Mi consenta, Matteo”, ha successivamente spiegato al suo ospite durante la cena, spingendo avanti sia il piatto da portata con la verdura, sia il volume, una raccolta di avventure di Braccio di Ferro. “E’ Popeye il nostro modello!”, ha esclamato. “Io veramente preferirei Asterix!”, ha provato ad opporsi il leader della Lega. “Ma Matteo, mi riconsenta: ancora con questo spirito antiromano? Il nostro è un progetto nazionale, se lei ormai vuole scendere addirittura oltre lo Stretto… A proposito, vede la lungimiranza del progetto del ponte sullo stesso?”. Salvini, per la verità, si è mostrato a lungo dubbioso. Berlusconi allora si è fatto seducente, al suo meglio: “Non nota che bel colore verde brillante che hanno? Simbolicamente, per voi leghisti, e pure cromaticamente… E poi, ai nostri diversi elettorati possiamo così offrire diverse opzioni: all’agro, in padella, con i fusilli, con uova e pancetta, alla besciamella, mi creda, possiamo abbracciare l’intero arco dei moderati… Vede, li mangia pure Toti, vero?”. Virilmente, Toti ne ha buttato giù, a riprova, un bel boccone. “Buoni…”, ha mormorato infine con convinzione il consigliere politico, all’istante promosso assaggiatore ufficiale della nuova intesa. “Se funziona, poi Giovanni lo mandiamo pure a Masterchef, prima che Renzi ci spedisca la Boschi con la ribollita!”, si è compiaciuto Berlusconi. L’intesa si è del tutto consolidata, quando, accanto alle qualità gastronomiche del nuovo simbolo, con sagacia il padrone di casa ha trovato pure la perfetta metafora politica: “Caro Matteo, lei rammenta sicuramente che gli spinaci permettevano a Braccio di Ferro di vincere sempre la sua sfida con Brutos… E non è forse Renzi il Brutos che oggi abbiamo davanti? Crede che ci farebbe male un po’ di ferro per la battaglia?”. Così, fu siglato il “patto degli spinaci”. Dopo aver cortesemente accompagnato gli ospiti leghisti alla porta, Berlusconi si è avvicinato a Toti – che nel riflesso di una cornice dorata cercava di appurare di non avere qualche rimasuglio tra incisivi e canini – e ha mormorato tutto soddisfatto: “E adesso, vediamo se Fitto ha ancora il coraggio di farsi sotto con quelle sue cazzo di cime di rapa!”.