ICONA
s. f. Bastava leggere il titolo della Stampa, ieri, per avere un tuffo al cuore: “Boldrini nuova icona della sinistra anti-governativa”. Un’altra? Le icone, qui, vanno ormai al ritmo di quel programma di Gerry Scotti: “Avanti un altro”
ICONA s. f. Bastava leggere il titolo della Stampa, ieri, per avere un tuffo al cuore: “Boldrini nuova icona della sinistra anti-governativa”. Un’altra? Le icone, qui, vanno ormai al ritmo di quel programma di Gerry Scotti: “Avanti un altro”. Ti distrai un attimo, ti fai un tost, dai da mangiare al gatto, ed ecco che una nuova icona ha sostituito quella vecchia. In certi periodi di particolare effervescenza, poi, vanno in coppia come le gemelle Kessler. Al momento, per dire, i più inquieti a sinistra dei tuìt di Renzi, sono lacerati tra la presidente della Camera e Landini in Fiom. Tutto un gran dibattito, uno scuotersi e un organizzarsi. Un tormentarsi, un ragionare, magari un seminario all’orizzonte. Ché soprattutto a sinistra (ma non solo: la suggestione dell’icona abbraccia qualunque campo, ogni anfratto di pensiero, ogni paturnia personale) – quella soprattutto più a sinistra, la mejo e la più chiacchierona – un’icona mai si nega. Dal Che a Pancho Pardi, da Nanni Moretti a Ingroia, a Di Pietro a Bertinotti, non c’è stagione – ma letteralmente: nel senso che ogni stagione vuole la sua icona, e chissà se il duplex Boldrini-Landini resisterà fino all’arrivo delle rondini a primavera – che non abbia la sua, sempre preziosissima. L’icona politicamente costa poco, conviene molto, si smette con facilità. Se ne discute all’apericena, al corteo, in platea – prima che arrivi, a volte, il responso di quei bifolchi delle urne. Si trovassero voti con lo stesso ritmo con cui si trovano icone, la rivoluzione sarebbe fatta. Essendo poi di solito, storicamente, l’icona dipinta sul legno, quando ti stufi è pure facile da bruciare.
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