Duro

Stefano Di Michele

Avercelo. Bossi dice a Repubblica che sempre in tensione sta: “Io ce l’ho ancora duro”.

    DURO agg. Avercelo. Bossi dice a Repubblica che sempre in tensione sta: “Io ce l’ho ancora duro”. Il che, peraltro, è sia grande soddisfazione per quanto riguarda la politica, sia soddisfazione ancora maggiore per quanto riguarda l’andrologia. Duro. Già vent’anni fa, era Benigni dal palco a sfidare l’antico capo legista, a proporre apposito pubblico confronto di reciproca durezza: “Ce l’hai duro? Allora, mettiamo qui cinque noci…”. Ma bisogna certamente far fede a Bossi, che riposo alla gagliarda appendice tuttora nega. “Io ce l’ho ancora duro” – così, a conferma e a riprova, che l’acqua del Po può ben più del Viagra. Pure perché, è tutto nella linea della tradizione: se Bossi tracciò il solco, la specie di evolve e lo difende; se lui per primo si presentò in canotta, il successore Salvini ha sdoganato il petto nudo (e, s’intende, villoso-rurale, a parte il celebrato comizio con qualche vaffanculo qua e là: fare il vaffanculista in seconda, dopo l’epica di Grillo, è come lo spot del vincere facile). Ma sulla durezza imperitura dei capi leghisti non si scherza e non si dubita. Persino certi che potevano magari avere più cara quella del manganello (c’era persino il duce in effige, che pareva messo in attesa alla fermata del tram, la mano levata come a fermare il convoglio: “Ti aspettavo!”), ne hanno recentemente riconosciuto sostanza erettile e nodosità politica. E quella, sul tema, è gente che sa.