Perché Giancarlo Cancelleri può candidarsi alla Presidenza della Regione Siciliana
Oligarchia a cinque stelle
Nonostante per ben due volte il Tribunale di Palermo abbia ordinato la sospensione dell’efficacia delle deliberazioni con le quali il Movimento cinque stelle siciliano ha decretato l’esito delle cosiddette “regionarie”, Giancarlo Cancelleri potrà legittimamente candidarsi alla carica di Presidente della Regione siciliana per il movimento politico fondato da Beppe Grippo e Gianroberto Casaleggio.
Le norme che disciplinano il procedimento elettorale per il rinnovo dell’Assemblea regionale e della carica di Governatore dell’Isola, infatti, non prevedono alcun potere degli uffici amministrativi di verificare che l’elenco dei nominativi dei candidati inseriti nella lista elettorale presentata da ciascun partito o movimento politico corrisponda esattamente all’esito dello svolgimento delle procedure selettive svoltesi in perfetta conformità alle prescrizioni degli statuti e dei regolamenti degli stessi soggetti politici.
All’atto della presentazione dei simboli dei partiti, delle liste elettorali e delle varie candidature, il controllo amministrativo di legittimità deve interessare, per legge, esclusivamente la regolarità formale delle firme raccolte, la sussistenza del requisito della candidabilità in capo a ciascun soggetto inserito all’intero delle liste e la titolarità del presentatore delle candidature del potere di rappresentare il partito o il movimento politico per il quale compie gli adempimenti elettorali.
La legge, in sostanza, riconosce il potere di decidere dell’individuazione dei nominativi dei candidati di ogni singola lista in capo a colui che rappresentando legalmente il partito ne può spendere il nome e utilizzarne il simbolo, cosicché l’eventuale violazione delle procedure di selezione dei candidati, previste dagli statuti e dai regolamenti dei partiti, potrà assumere rilievo esclusivamente all’interno dell’organizzazione partitica, anche al fine, ad esempio, di coltivare domande risarcitorie, ma giammai nei confronti dell’amministrazione elettorale.
I provvedimenti del Tribunale di Palermo, in definitiva, non rappresentano alcun divieto per Giancarlo Cancelleri di ottenere dai rappresentanti legali nazionali (o regionali) del movimento cinque stelle l’autorizzazione alla sua candidatura alla Presidenza della Regione.
Appare ovvio, tuttavia, che sotto il profilo squisitamente politico la vicenda degrada invece il movimento cinque stelle alla stregua di un’organizzazione oligarchica (al pari di tante altre) all’interno della quale l’investitura dei candidati non risulta essere il frutto della regolarità delle procedure selettive della classe dirigente previste dalle norme statutarie ma l’esito della cooptazione da parte delle più alte gerarchie del partito.
Sembra avverarsi in Italia, ancora una volta, la rappresentazione che dei partiti politici aveva dato il sociologo Roberto Michels nel 1911 ne “La sociologia del partito politico nella democrazia moderna” ed in alcuni scritti minori degli anni precedenti, all’interno dei quali Michels aveva individuato nello sbocco oligarchico l’esito obbligato di qualsiasi forma di organizzazione partitica che si affaccia sulla scena della politica con le migliori intenzioni di assecondare e far progredire la democrazia.
Alcuni passaggi del suo saggio “ La democrazia e la legge ferrea dell’oligarchia” (1909) sembrano essere stati scritti per descrivere l’evoluzione che sta percorrendo il movimento cinque stelle: “ In origine il duce non è che il servitore della massa. La base dell’organizzazione sta nell’uguaglianza fra tutti gli organizzati. Tutti i membri dell’organizzazione vi godono gli stessi diritti. Tutti sono elettori. Tutti sono eleggibili. In essa il postulato fondamentale dei Droits de l’homme è, in teoria, raggiunto. Tutti gli impieghi vengono coperti in via elettiva, e tutti gli impiegati sottostanno al permanente controllo della collettività e possono venir revocati e destituiti quando che sia. Il principio democratico garantisce a tutti i suoi aderenti, senza eccezione verruna, la possibilità di influire sui comuni destini e, al più gran numero possibile, di partecipare all’amministrazione. Ma il formarsi di rami speciali di attività, la differenziazione politica che è conseguenza inevitabile dell’estendersi dell’organizzazione, induce necessariamente i soci a darsi una così detta direzione tecnica, ed a conferire ogni potere effettivo, cosa che esige specifiche qualità e competenza, ai soli capi. Così i duci, che dapprima non erano se non gli organi esecutivi della volontà della massa, diventano indipendenti, emancipandosi dalla massa stessa. L’organizzazione quindi scinde definitivamente ogni partito in una minoranza che governa e in una maggioranza che ne è governata……Se vi sono statuti o regolamenti destinati a porre argine al dominio dei duci, non saranno i duci, ma bensì le leggi a cedere, a poco a poco, il campo”.
La tendenza dei partiti politici, in conclusione, è quella di sfornare gruppi ristretti di dirigenti che possono diventare elites alla guida di processi di cambiamento di cui le democrazie necessitano costantemente o degenerare in oligarchie, in questo caso oligarchie a cinque stelle.