Se vuoi ingannare gli elettori devi prima confondere i telespettatori. Citofonare Marco Travaglio.
Il direttore del Fatto quotidiano stravolge il senso di una sentenza della Corte EDU sulle leggi elettorali e gli fa dire una cosa per un’altra
Il Direttore del Fatto quotidiano, Marco Travaglio, ha picchiato duro e con ogni mezzo contro la nuova legge elettorale e, per essere più precisi, contro l’intero Parlamento che l’ha approvata.
Travaglio ha ripetuto più volte come l’adozione del rosatellum bis abbia rappresentato un atto gravissimo, un attentato alla democrazia, un modo per fottere (letterale) alcuni partiti, facendo riferimento evidentemente ad un possibile svantaggio competitivo che subirebbe il Movimento cinque stelle dall’introduzione delle nuove regole elettorali.
Ospite da Lilly Gruber alla trasmissione “Otto e mezzo”, il Direttore ha fatto sfoggio di erudizione giuridica accusando il Parlamento di avere violato tanto una raccomandazione della Commissione di Venezia, che vieterebbe l’adozione delle leggi elettorali entro un lasso di tempo inferiore ad un anno dalla scadenza della legislatura, quanto una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che nel 2012 avrebbe già condannato la Bulgaria perché il suo Parlamento avrebbe alterato le regole del gioco elettorale (senza rispettare il predetto periodo) a tutto svantaggio dei partiti dell’opposizione.
Insomma, ci troveremmo davanti all’ennesimo tentativo di utilizzare la procedura della democrazia per realizzare la sostanza della autocrazia. I partiti che hanno approvato il rosatellum vogliono “fottere” il movimento di Grillo, secondo il Travaglio nazionale, e pertanto meritano appassionato e sincero disprezzo democratico, oltre che, manco a dirlo, una condanna inappellabile per tendenza dolosa all’incostituzionalità congenita, considerate le sorti delle precedenti leggi elettorali.
Leggendo la sentenza citata da Travaglio, però, (Ekoglasnost contro Bulgaria del 6 novembre 2012) l’impressione complessiva che si ricava è che non siano state tanto le formazioni politiche che hanno partorito la nuova legge elettorale a volere fottere il movimento cinque stelle, quanto il direttore del Fatto a volere confondere le acque ai suoi lettori e ai telespettatori tutti della Gruber.
Nel caso di cui si è occupata la Corte europea dei diritti dell’uomo, infatti, le forze politiche di maggioranza presenti nel Parlamento bulgaro introdussero nel 2005, a soli due mesi dalle elezioni, non già regole del sistema elettorale diverse da quelle sino a quel momento vigenti, ma veri e propri requisiti di partecipazione alla competizione mai adottati in precedenza. In particolare, si inserirono con legge sia l’obbligo per ciascun partito politico di presentare un deposito cauzionale, sia la necessità di accompagnare la presentazione della lista elettorale con un numero minimo di firme di cittadini - elettori.
La Corte di Strasburgo ha giudicato del tutto conformi alle regole della Convenzione ed a quelle della raccomandazione di Venezia i criteri adottati dal Parlamento bulgaro, ma ha riconosciuto, tuttavia, che l’avere introdotto nuovi requisiti di accesso alla competizione elettorale a così poco tempo dalla celebrazione delle elezioni medesime (solo due mesi prima) abbia rappresentato un ostacolo illegittimo che ha reso più difficoltosa la partecipazione al confronto democratico dei partiti d’opposizione e sopratutto di quelli di più modeste dimensioni.
Non è stata, pertanto, la natura del meccanismo di traduzione dei voti in seggi (il vero sistema elettorale) ad essere oggetto dell’accertamento d'illegittimità da parte della Corte Europea, ma l’introduzione di “requisiti di partecipazione” ritenuti del tutto legittimi e che tuttavia se introdotti a poca distanza di tempo dalle lezioni non consentono ai piccoli partiti di organizzare adeguatamente la loro struttura in vista della competizione elettorale.
A questo punto alcune domande sorgono spontanee: come direbbe un altro grande tribuno televisivo, che c’azzecca il rosatellum con la questione decisa della sentenza citata da Travaglio?
Forse la nuova legge elettorale introduce requisiti di partecipazione alla competizione che rendono più difficoltoso per il Movimento cinque stelle presentarsi alle elezioni nazionali?
E’ da ricondurre al meccanismo di traduzione dei voti in seggi la difficoltà del partito di Grillo di accedere al Governo?
L’annunciata volontà dei penta stellati di non volere stringere alleanze per la formazione di una coalizione governativa rappresenta un auto limite che si sono posti del tutto liberamente o deve essere considerato un ostacolo per l’accesso al Governo da ricondurre all’introduzione del nuovo sistema elettorale?
Seguendo il ragionamento del Direttore del Fatto quotidiano, l’unico sistema elettorale legittimo sarebbe stato quello che avrebbe consentito al Movimento cinque stelle di andare da solo al Governo?
Non è forse vero che il Parlamento è stato costretto dalle sentenze della Corte costituzionale ad intervenire comunque sulla disciplina elettorale anche ad una minore distanza di un anno dallo svolgimento delle elezioni?
Perché la Corte Europea dei diritti dell’Uomo quando scrive una sentenza che (interpretata del tutto strumentalmente) può aiutare ad alimentare le più feroci polemiche politiche diventa un’autorità giuridica e morale e quando, invece, afferma che il Porcellum è del tutto conforme alla Convenzione dei diritti umani (sentenza Saccomanno ed altri contro Italia, 13 marzo 2012) viene considerata alla stregua dell’ultimo dei giudici di pace di provincia?
Ma sopratutto, una volta chiarito il reale contenuto della sentenza sbandierata da Travaglio come un capo d’accusa irrefutabile contro la violenza anti democratica dei due terzi del Parlamento, chi vuole fottere chi in realtà?