La democrazia non si difende imponendo l'abiura del fascismo
Il Comune di Brescia e il Tar approvano la delibera con la quale la concessione degli spazi pubblici viene subordinata a una dichiarazione di adesione alla Costituzione e al rifiuto di fascismo e nazismo
Esiste un modo molto semplice di trasformare la sacrosanta battaglia a difesa della libertà e della democrazia contro le idee e le azioni di un’associazione come CasaPound in un inqualificabile atto di sopraffazione illiberale per mezzo del quale annichilire l’intima identità degli esseri umani.
A quanto pare il Comune di Brescia e il Tribunale amministrativo regionale che in quella città ha sede hanno deliberatamente deciso di perseguire tale obiettivo e di screditare definitivamente i presupposti della liberal democrazia.
Come giudicare, diversamente, la delibera di giunta comunale con la quale l’amministrazione bresciana ha deciso di subordinare la concessione degli spazi pubblici per manifestare alla esplicita dichiarazione di aderire a tutte le norme della Costituzione e di abiurare il fascismo e il nazismo?
Come valutare, altrimenti, l’ordinanza del Tar di Brescia (potete leggerla per intero qui), che ha ritenuto legittimo questo provvedimento dell’autorità pubblica, che non si limita a vietare atti e comportamenti che possono ledere libertà e diritti altrui ma che prevede che "ai soggetti richiedenti la concessione di uno spazio pubblico per lo svolgimento della propria attività" sia richiesto di dichiarare di riconoscersi nei principi e nelle norme della Costituzione italiana e di ripudiare il fascismo e il nazismo?
Intendiamoci: non si tratta di essere lassisti nei confronti di coloro che si ispirano a un pensiero radicalmente antitetico al liberalismo e alla democrazia. Si tratta, piuttosto, di vietarne le azioni e le condotte che concretamente sconfessano i presupposti del nostro vivere civile. Si tratta, al limite, di vietare le manifestazioni concrete del pensiero fascista e nazista (e siamo già ai confini dell’accettabile, ma passi pure).
Ma ci si può spingere sino al punto di pretendere che lo stato possa imporre con la forza non già un’azione legittima (come è suo dovere) bensì un pensiero conforme a un’idea prestabilita e ritenuta l’unica passibile di dignità morale e che quel pensiero venga obtorto collo esternato, pena la limitazione di una libertà fondamentale?
E’ legittima l’azione con la quale lo stato impone l’abiura ed entra nella coscienza individuale di ciascun essere umano per violentarla senza alcun riguardo?
Esiste ancora la libertà, per esempio, di essere antifascista e di dichiarare di non volere moralmente aderire a tutte le norme della Costituzione, pur continuando a rispettarle con azioni e condotte concrete?