Perché il calcio italiano è finito in fuorigioco
La vicenda del mancato completamento dell'organico della serie B dimostra come la Patria del diritto sia finita in serie C
Nel bel mezzo dell’estate che sta per concludersi, è andata in scena, sul palco del teatro calcistico nazionale, una divertente tragicommedia che allo spettatore non troppo distratto dagli svaghi del meritato riposo feriale avrebbe potuto smascherare i tratti distintivi di quel carattere italico di cui non si può certo menare vanto.
La pièce ha svelato, allo stesso tempo, tutti gli ingredienti del dramma e della commedia nazionale, ma non ha goduto di un pubblico particolarmente numeroso, di solito più avvezzo a correre dietro alla cronaca politica che ai dettagli di una rappresentazione che ha dimostrato come sia concreto il rischio di essere considerati davvero il Paese di Pulcinella.
Il sipario si è aperto con il Commissario straordinario della Federazione Nazionale Gioco Calcio (Figc), dott. Roberto Fabbricini, che, come ogni anno, ha dovuto procedere a ripescare dalla serie C alcune squadre di calcio per integrare il campionato di serie B e riportarlo a 22 formazioni per la stagione 2018/2019.
È accaduto spesso, infatti, che le promozioni sul campo dalla serie C non siano state sufficienti a garantire l’organico della serie cadetta a 22 squadre, come è previsto dalle norme interne federali (Noif), poiché alcune formazioni, seppur promosse in serie B o appartenenti già allo stesso campionato, non sono sempre state in possesso dei requisiti tecnici, amministrativi o finanziari per rimanervi o avervi accesso.
I criteri per il ripescaggio, però, non sono mai stati consacrati, una volta per tutte, in un atto di natura regolamentare, né hanno goduto di sufficiente stabilità nel corso del tempo. La stramberia italiana ha voluto che i requisiti per accedere alla procedura di selezione delle squadre che dovranno militare nella serie cadetta siano stati stabiliti di anno in anno, con buona pace della prevedibilità e della certezza del diritto.
In questo contesto, già di per sé bizzarro, il Commissario della Figc, nella solitudine del suo ufficio monocratico, ha deciso per quest’anno di applicare un criterio di ripescaggio con valore sanzionatorio retroattivo. Anche questa è una caratteristica tutta italiana; il disprezzo della cultura giuridica liberale secondo la quale puoi essere punito per aver commesso una violazione solo quando sai in anticipo che quella condotta che stai realizzando avrà in futuro conseguenze negative sul piano dell’esercizio delle libertà e dei diritti.
Il dott. Fabbricini, invece, ha scritto, nero su bianco, che se una squadra che ha militato nella serie C nel campionato 2017/2018 ha violato norme fiscali, di diritto del lavoro o contabili negli anni precedenti, la stessa non potrà accedere alla procedura di ripescaggio per l’anno 2018/2019, anche se nel momento in cui ha commesso la violazione la sanzione che si pretenderebbe oggi d’applicare non era ancora stata a quel tempo prevista.
Pazienza, così è stato.
Sipario?
No. La sceneggiata calcistica ha rappresentato, con il secondo atto, l’entrata in scena della giustizia sportiva. Un’altra idea balzana; quella per la quale se vuoi accedere alla giustizia amministrativa in materia sportiva devi prima passare da tre gradi di giudizio cosiddetto “domestico”, dove ad applicare il diritto, però, ci stanno anche magistrati del Tar e del Consiglio di Stato e dove le regole processuali sono pressoché identiche a quelle applicate nei Tribunali ordinari. La giustificazione di questa lungaggine è imperscrutabile, mentre l’effetto è quello di dovere affrontare 5 fasi processuali, anziché le solite 2, prima di potere ottenere un verdetto definitivo.
Alcune squadre di serie C, candidate al ripescaggio, si sono rivolte al Tribunale Federale Nazionale per chiedere l’annullamento del criterio retroattivo predisposto dal Commissario della Figc ed il giudizio si è concluso con l’accoglimento del ricorso. La retroattività, giustamente, non dovrebbe essere di questo mondo, ha detto il Tribunale, nemmeno di quello del calcio. La Corte federale d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado e tutti sarebbero stati felici e contenti, perché a quel punto la Federazione avrebbe solo dovuto concludere la procedura di ripescaggio senza l’applicazione del criterio retroattivo.
Sipario, adesso?
Nemmeno per idea.
Si è aperto il terzo atto.
Il Commissario federale ha chiesto alla Lega di serie B di collaborare per l’individuazione delle 3 squadre che dovevano essere ripescate per portare il campionato a 22 formazioni, considerato che quelle sino ad allora legittimate a parteciparvi erano solo 19.
Ma la Lega B ha fatto orecchio da mercante; non ha collaborato come richiesto, ha nicchiato e poi, improvvisamente, ha preteso che il campionato 2018/2019 si svolgesse a 19 e non più a 22 squadre.
Sul tavolato del palcoscenico hanno cominciato a danzare d’un tratto alcuni interrogativi travestiti da fantasmi; la norma federale che da anni prevede che il format della serie B sia a 22 squadre, che fine ha fatto? L’aspettativa legittima delle formazioni che hanno lottato in serie C anche per mantenere tutti i requisiti tecnici, amministrativi e contabili, sperando nella procedura di ripescaggio, dove è andata a finire? Il contenzioso affrontato dalle squadre che hanno fatto dichiarare illegittimo il criterio di ripescaggio retroattivo, che senso ha avuto? La norma federale che prevede che le modifiche del format possono avere efficacia solo due stagioni sportive dopo la loro entrata in vigore, perché non dovrebbe essere più rispettata?
Pazienza, hanno risposto dalla Lega B; qui si preferisce il 19 e non il 22. Fine della storia.
A questo punto, il Commissario della Figc si sarà posto un interrogativo amletico: esisterà pure un modo per rendere legittima la pretesa della Lega B che, secondo la normativa federale, dovrebbe essere considerata illegittima? Si potrà pure fare qualcosa perché un atto di forza, di resistenza passiva, di sovvertimento delle regole, esercitato nell’imminenza dell’inizio del campionato, possa assumere le vesti di un atto giuridicamente ineccepibile?
Certo che sì, si sarà risposto il Commissario Figc, a pochi minuti dalla pubblicazione del calendario del campionato di serie B, avendo avuto, dapprima, la pensata di autoattribuirsi il potere di modificare, in caso di necessità (in aggiunta o in diminuzione) il numero delle squadre che militano nel campionato cadetto; e poi, l'altrettanto bella idea di ridurle da 22 a 19, con effetto immediato, seguita da quella d'annullare la procedura di ripescaggio.
Tanti saluti a tutti, in altre parole; al diritto, alla giustizia, al legittimo affidamento, alle sentenze dei giudici sportivi.
Fine dello spettacolo, finalmente?
Ancora no; mancava l’ultimo atto, quello degli infiniti contenziosi giudiziari che non sono riusciti a decidere per tempo con quali modalità si dovrà giocare questo benedetto campionato di calcio di serie B.
Alcune squadre si sono rivolte al Collegio di garanzia dello sport (il terzo grado della giustizia sportiva) che ha detto la sua, il Tar del Lazio, in cinque giorni, ha detto, prima, che il mondo è rotondo e, subito dopo, invece, che è piatto. Nello stesso tempo è stato chiamato in causa il Tribunale Federale Nazionale e richiamato il Collegio di garanzia, il quale ultimo, prima, ha fissato un’udienza e poi l’ha rinviata di qualche giorno, per attendere di nuovo il Tar.
Il teatro potrà chiudere i battenti, adesso?
Non è ragionevole prevederlo. Potrebbero partire, infatti, 4 ulteriori giudizi destinati al Tribunale Federale, altri 2 diretti al Collegio di garanzia ed un altro indirizzato al Tar del Lazio. Senza considerare che la parola definitiva la potrà scrivere solo il Consiglio di Stato.
Nel frattempo, il campionato di serie B è giunto bellamente alla sua quarta giornata, quello di serie C alla seconda; cinque squadre, centotrentacinque calciatori professionisti e centinaia di migliaia di tifosi aspettano ancora speranzosi la prima sfida di B o di C che sia, e Pulcinella, inorgoglito, se la ride!