La Corte costituzionale avverte Governo e Parlamento: non gravate di debiti i vostri figli
La Consulta ha dichiarato illegittima la norma che consentiva agli enti locali di ripianare le passività in trent’anni. Violata l’equità intergenerazionale
Con una sentenza depositata qualche giorno fa, la Corte costituzionale ha posto un freno alla deprecabile abitudine del legislatore nazionale d’addossare i debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni sulle generazione future d'italiani.
Le passività di bilancio degli enti locali, sopratutto se causate da un eccesso di spesa corrente, dovranno essere ripianate entro un lasso di tempo congruo, preferibilmente entro tre anni, com’è già previsto dalla legislazione attualmente in vigore.
E’ risultata illegittima, pertanto, la norma che consentiva agli enti locali d’evitare la dichiarazione di dissesto finanziario, nonostante l'esistenza di squilibri strutturali di bilancio in grado di provocare il default, e che li autorizzava a rientrare dai loro corposi deficit nell’arco di trent’anni.
Non soltanto perché così sarebbe risultato violato il principio della stabilità finanziaria dei bilanci pubblici che devono risultare in equilibrio nel breve periodo, non soltanto perché, impedendo in maniera surrettizia di fare emergere il reale stato di fallimento di comuni e province, si sarebbe evitato d’individuare e sanzionare le responsabilità (per mala gestio) di centinaia di amministratori locali che hanno deliberatamente coperto la polvere dei debiti sotto il tappeto d’inesistenti residui attivi (crediti vantati dalla pubblica amministrazione ma di difficilissima o pressoché impossibile riscossione); ma anche perché le generazioni future di cittadini e residenti mantengono il sacro santo diritto d’essere amministrate senza il pesante fardello di debiti che non hanno contribuito in nessun modo a realizzare e che non apporteranno utilità alcuna.
I Giudici costituzionali hanno tenuto a precisare come “la lunghissima dilazione temporale (del pagamento dei debiti) finisce per confliggere anche con elementari principi di equità intergenerazionale, atteso che sugli amministrati futuri verranno a gravare sia risalenti e importanti quote di deficit, sia la restituzione dei prestiti autorizzati nel corso della procedura di rientro dalla norma impugnata…L’equità intergenerazionale comporta, altresì, la necessità di non gravare in modo sproporzionato sulle opportunità di crescita delle generazioni future, garantendo loro risorse sufficienti per un equilibrato sviluppo.”
Dalla Consulta è giunto forte e chiaro, inoltre, il monito per le classi dirigenti italiane di distinguere nettamente gli effetti dell’incremento della spesa corrente, che nessuna utilità arreca alle generazioni future, da quelli dell’aumento dell'esborso dedicato agli investimenti, atteso che solo quest'ultimo è in grado di “determinare un tendenziale equilibrio tra la dimensione dei suoi costi e i benefici recati nel tempo alle collettività amministrate.”
Nessun dubbio, in conclusione, per i giudici delle leggi: fate pochi debiti, ripagateli subito e lasciate vivere in pace i vostri figli e nipoti.
Chissà se fra caccia agli immigrati, assistenzialismo sfrenato, politica internazionale avventuriera ed insolenti rutti in faccia allo Stato di diritto, ci sarà ancora tempo per leggere le sentenze della Corte costituzionale. E per comprenderle, sopratutto.