Il messaggio del Quirinale
Al Forum Ambrosetti il capo dello stato è andato oltre ciò che prevede il suo ruolo? Forse no
Le perplessità di quanti hanno osservato come il discorso del presidente Sergio Mattarella rivolto al Forum Ambrosetti rischi d’apparire una pesante ingerenza nella definizione dell’indirizzo politico di competenza esclusiva di governo e Parlamento, possono sembrare, in un primo momento, condivisibili. Nel nostro ordinamento costituzionale non dovrebbe essere il capo dello stato a sollecitare una riscrittura dei trattati europei e della loro disciplina attuativa, perché l’individuazione della politica economica, finché si mantiene all’interno dei principi fondamentali della Costituzione, non incrocia le competenze dell’inquilino del Quirinale.
L’elevatissima preparazione di Mattarella, per decenni professore di diritto costituzionale e per quattro anni giudice della Consulta, dovrebbe tuttavia indurre gli osservatori equilibrati ad interrogarsi sulle ragioni che hanno permesso al capo dello stato di legittimare la sortita del Forum Ambrosetti. Davvero il presidente della Repubblica avrebbe perso di vista la linea di demarcazione delle proprie competenze costituzionali, invadendo le attribuzioni esclusive di governo e Parlamento? È possibile immaginare, invece, che Mattarella abbia ritenuto suo dovere di rappresentante e garante dell’unità nazionale sollecitare la ridefinizione di una disciplina di contabilità pubblica che tante profonde lacerazioni ha determinato nel tessuto sociale e politico italiano?
Al di là del merito della proposta formulata al Forum Ambrosetti e in disparte ogni considerazione sulla necessità per il nostro Paese di mantenere la barra dritta su conti e debito pubblico, dovrebbe oramai essere chiaro a tutti come il rispetto dei parametri europei abbia rappresentato negli ultimi anni lo spartiacque di un’opinione pubblica nazionale profondamente divisa in due. Forse il presidente della Repubblica ha avvertito la gravità di uno strappo che stenta a ricomporsi anche alla luce delle preferenze elettorali di almeno metà degli italiani per quei partiti politici che dell’aggressione sconsiderata all’euro, all’Unione europea e alla condivisione delle politiche economiche a livello internazionale hanno fatto un irrinunciabile vessillo.
La proposta di tendere la mano a quella consistente porzione dell’elettorato che ancora adesso sembra addebitare ai meccanismi europei tanta parte delle difficoltà della nostra economia, potrebbe dunque far parte di un più ampio disegno di ricomposizione della concordia nazionale su un tema particolarmente qualificante della politica economica italiana. E’ possibile, cioè, che il capo dello stato abbia colto la necessità di dare priorità, in questo delicato momento, al raffreddamento delle tensioni sociali e politiche interne rispetto agli obiettivi tradizionali di politica economica che anch’egli ha supportato sin qui in maniera più che convinta, e che nel far ciò abbia voluto approfittare anche della favorevole congiuntura internazionale?
Se così fosse, apparirebbe evidente come il discorso di Mattarella non rappresenterebbe alcuna indebita ingerenza nelle sfere di competenza di altri organi costituzionali, ma dovrebbe essere letto alla stregua di un tentativo di moral suasion a favore dell’unità nazionale, quella entità che egli incarna in prima persona.