La prescrizione vista dal Quirinale
Una fonte accreditata rivela al Foglio che Mattarella approva il lodo Conte bis sulla prescrizione. Ma i problemi restano.
Dietro il muro di gomma al riparo del quale il partito democratico sta respingendo qualsiasi critica sensata alla riforma della prescrizione, potrebbe nascondersi non solo un calcolo elettorale ma anche la consapevolezza di potere contare sul supporto autorevole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ai contenuti nel cosiddetto lodo Conte bis.
Una fonte accreditata, infatti, ha confermato al Foglio che il Quirinale non solleverebbe alcuna obiezione di carattere costituzionale all’ulteriore modifica della disciplina della prescrizione, con la quale si è tentano invano di trovare un accordo fra tutte le forze politiche di maggioranza.
Il Colle, in altre parole, condividerebbe la posizione espressa qualche giorno addietro dal professor Valerio Onida. Secondo l’ex Presidente della Consulta la disciplina che distinguerebbe fra l’imputato assolto in primo grado, per il quale non opererebbe la sospensione della prescrizione, e imputato condannato sempre in primo grado, per il quale la prescrizione invece verrebbe sospesa, salvo essere recuperata per il caso di sopraggiunta assoluzione in appello, sarebbe del tutto compatibile con la Carta costituzionale.
La fonte del Foglio non ha dubbi riguardo alla posizione del Presidente della Repubblica e, spingendosi più in là di quello che ritiene un fatto acclarato, avanza anche l’ipotesi di una possibile condivisione della tesi del Quirinale fra la maggioranza degli inquilini del palazzo della Consulta.
Di certo l’imprimatur del Presidente della Repubblica finirebbe per rafforzare la posizione del partito democratico e del movimento cinque stelle e indebolirebbe, almeno momentaneamente, la forza delle argomentazioni di Matteo Renzi e di quanti, fra magistrati e avvocati, ritengono che la ragionevole durata del processo non sia un principio negoziabile sotto il profilo giuridico.
Sebbene a differenza di quanto ritengono alcuni opinionisti il via libera alla promulgazione di una legge non rappresenti l’esito di un giudizio di compatibilità costituzionale vero e proprio (citofonare ad Antonio Padellaro che con sprezzo del pericolo ha tentato di convincere il Presidente della Camere penali Gian Domenico Caiazza che la firma di Sergio Mattarella sulla prima modifica della disciplina della prescrizione avrebbe dovuto zittire qualsiasi voce critica), il si del Colle ridarebbe vigore, almeno in un primo momento, all’immagine del Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, fresco di sonora bocciatura alla Corte costituzionale sulla retroattività della legge spazza corrotti.
I sostenitori del lodo Conte bis avrebbero peraltro buon gioco nel ricordare come al Quirinale sieda in questo momento un ex magistrato della Consulta, ma non potrebbero evitare tuttavia di confrontarsi con un interrogativo tanto semplice quanto importante: se il processo penale ai sensi dell’articolo 111 della Costituzione deve svolgersi entro un ragionevole lasso di tempo, com’è possibile ingabbiare l’imputato dentro le maglie della giustizia penale a tempo indeterminato?