Appello per la trasparenza
Non è possibile ottenere tempestivamente da Governo e Protezione civile i verbali delle riunioni del comitato tecnico scientifico che decide sulla nostra libertà. E’ stata introdotta una norma che sospende per le pubbliche amministrazioni l’obbligo di rispondere alle istanze di accesso agli atti
Immaginiamo per un momento che i cittadini italiani manifestino il desiderio di conoscere le valutazioni che il comitato tecnico scientifico istituito presso la Protezione Civile rassegna periodicamente al Presidente del Consiglio dei Ministri tutte le volte che quest’ultimo si accinge ad adottare misure restrittive della libertà personale in ragione del contrasto alla diffusione del corona virus.
Immaginiamo che dal 25 febbraio scorso i nostri concittadini, impiccioni e curiosi, leggano scrupolosamente tutti i decreti del Presidente del consiglio dei ministri che disciplinano il regime di distanziamento sociale e lockdown ritenuto necessario per combattere l’epidemia.
Avranno scorto nella lettura degli atti, i ficcanaso, come esista un comitato tecnico scientifico istituito presso la Protezione Civile che si riunisce periodicamente per fornire le proprie valutazioni di organo particolarmente competente al Governo e al Capo dell’Esecutivo in particolare.
Più volte, infine, i nostri pettegoli, avranno ascoltato il Presidente Giuseppe Conte ribadire che durante la pandemia la tutela dalle salute passa dal rispetto delle prescrizioni e dei consigli impartiti dagli esperti.
Tuttavia gli sfaccendati non possono che fermarsi sconsolati alla mera indicazione contenuta nei DPCM (e non in tutti) delle date in cui si sarebbero svolti questi oramai famigerati tavoli tecnici, poiché i provvedimenti del Capo del Governo non recano alcuna trascrizione delle conclusioni alle quali scienziati ed esperti sarebbero di volta in volta pervenuti. Né è possibile reperire altrove il testo delle sedute del Comitato, sebbene si possa smanettare in maniera compulsiva su centinaia di siti web per parecchie ore al giorno.
Non essendoci limite all’eversione da cittadinanza attiva, i nostri stano pensando bene, allora, di esercitare il diritto di accesso civico generalizzato, di rivolgere, cioè, un’istanza alla Protezione Civile e alla Presidenza del Consiglio per ottenere copia dei verbali dei tavoli tecnici del predetto comitato, al fine di comprendere quali valutazioni scientifiche abbiano ispirato la condotta del Governo nella reclusione forzata imposta a milioni di italiani.
Colloquiando con un amico avvocato, però, uno di questi indiscreti agitatori, da un lato scopre che la sua richiesta di trasparenza è tutelata dalla legge, dall’altro apprende con grande disappunto, però, che Governo e Parlamento hanno approvato una norma che sospende l’obbligo delle pubbliche amministrazioni di rispondere a tutte le richieste di accesso agli atti fino alla data del 15 maggio.
Il cavilloso avvocato cerca di spiegare all’amico, scopertosi a questo punto esagitato, che la sospensione dell’obbligo di rispondere alle richieste di accesso agli atti è stata dettata dall’emergenza dovuta al corona virus, al fine cioè di ridurre il carico di lavoro degli uffici della pubblica amministrazione e mettere al riparo da inutili rischi i lavoratori pubblici che vi prestano servizio.
Ma il fissato della trasparenza non vuole sentire ragioni e replica di non potere accettare che il Potere politico costruisca per legge uno schermo impenetrabile per proteggere se stesso dalla conoscenza delle ragioni che lo inducono a incidere (a torto o a ragione) sulla vita e sulla libertà di milioni di individui. E ciò proprio in un momento in cui la conoscenza dell’adeguatezza e della idoneità delle misure adottate segna il crinale fra la possibilità di mantenere uno Stato di diritto e il rischio di intraprendere la discesa verso gli inferi di uno Stato che non si pone più alcun limite.
L’istanza di accesso agli atti, pertanto, si farà, anche se nessuno dovesse mai degnarsi di rispondere.
Perché è giusto cosi. Chi si aggrega?