Le previsioni sbagliate sul virus ebola, una questione di credibilità
Nella prima settimana di maggio 2015 si sono avuti 9 nuovi casi di ebola in Guinea, 0 in Liberia e 9 in Sierra Leone, “confermando il fatto che il traguardo di “zero nuovi casi è vicino”, come è stato detto dalle autorità sanitarie. Di ebola si è tornato a parlare in Italia per il caso dell’infermiere di Emergency risultato positivo al virus e attualmente ricoverato presso il Centro di riferimento per le malattie infettive Ospedale Lazzaro Spallanzani.
Al momento si sono avuti 26.593 casi, con 11.005 decessi, tutti concentrati in un territorio poco più grande dell’Italia con una popolazione di 22 milioni di persone. Ebola si è confermato un virus ad alta letalità ma ad assai bassa capacità diffusiva. Poco più di un infettato ogni mille abitanti nell’area forse più povera del mondo e praticamente priva di personale, strutture e servizi di sanità pubblica proprio questo indica: che ebola è tanto letale quanto difficile da trasmettersi da persona a persona. Vale la pena ricordare che a stare ai Cdc (Centers for Disease Control and Prevention, la celeberrima agenzia sanitaria nazionale americana) ebola avrebbe potuto raggiungere 1,4 milioni di casi già ai primi dell’anno, che Anthony Banbury, capo della missione Onu in Africa occidentale, aveva dichiarato al Telegraph: “Il virus ebola potrebbe mutare e diffondersi per via aerea se l’epidemia non verrà tenuta sotto controllo”; che Margaret Chan, direttore generale dell’Oms, s’era spinta ad affermare alla Conferenza mondiale su clima e salute (27-29 agosto 2014, Ginevra) che “i cambiamenti climatici hanno la capacità di incidere sullo sviluppo dei focolai della grave malattia respiratoria provocata dal virus ebola”. Pressoché tutti avevano pronosticato come probabile il passaggio del virus quantomeno in Europa. E invece, nessun passaggio, neppure di sguincio, nessuna mutazione del virus, gli 1,4 milioni di infettati non ci sono stati, e per carità, lasciamo perdere la sciocchezza dei cambiamenti climatici colpevoli della diffusione del virus. Sbagliassero mai per previsioni in difetto, tutti costoro. Però a furia di contarle grosse, o quantomeno di non riuscire a fare previsioni azzeccate, si giocano il prestigio e l’autorità. Qualità che invece conviene possedere in sommo grado, quando si è responsabili delle politiche sanitarie ed epidemiologiche a livello globale.
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