Il closing del Milan si sta trasformando in una barzelletta
Comunque i soldi arriveranno, c’è da fidarsi del presidente: nemmeno un manager dell’Alitalia sarebbe capace di bruciare trecento milioni in caparre successive senza la certezza di condurre in porto l’acquisto
Uno spirito burlone mi chiede di parlare dell’inarrestabile cavalcata del Milan verso l’Europa. Ho altre preoccupazioni per la capa. Siamo il Milan, non una cosetta che balla una sola estate e siccome tutti fanno oh, si tira su per i capelli e punta all’exploit della vita. Siamo il Milan, uno dei top club mondiali e volevamo essere venduti con sfarzo, non centellinando. Con tappeto rosso, trombe e tamburi, non alla chetichella. A viso aperto e a carte viste, non a cazzo di cane e magari a un miliardario cinese fasullo.
Comunque i soldi arriveranno, c’è da fidarsi del presidente: nemmeno un manager dell’Alitalia sarebbe capace di bruciare trecento milioni in caparre successive senza la certezza di condurre in porto l’acquisto. Lo sconforto viene da ciò che penso avverrà dopo. Nella migliore delle ipotesi, nulla o quasi. Lo svolgimento della trattativa, i limiti evidenti della controparte, la qualità dei dirigenti scelti per rappresentarla in Italia ed eventualmente succedere a Galliani, non prefigurano grandezza. Persino l’Inter ci ha dato dei punti, il goffo signor ET si è mosso con rapidità, avvedutezza, ha trovato un compratore con i fiocchi, patron di un marchio di prestigio, solido, che ha pure qualche vena di mecenatismo e il cui grido, Fozza Inda, è diventato virale.
Il nostro cinese invece è muto. E se fatica così tanto a trovare soldi in un continente dove i miliardi non scarseggiano certo, che ne sarà degli investimenti futuri? Per lo stadio che di riffa o di raffa dovremo fare perché San Siro non è una bomboniera e non sarà mai più una Scala. O per i campioni e campioncini.
Partiremo dunque anche nella prossima stagione con l’handicap. Con il retropensiero che il compratore voglia fare un’operazione meramente finanziaria e rivenda da un momento all’altro per realizzare una pur minima plusvalenza. Essersi sentito più o meno per trenta anni fra i top club e vedersi risucchiato ai tempi di Gaetano Morazzoni e Giussy Farina, certamente non è un bel vivere.
Il Foglio sportivo - in corpore sano