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Foto LaPresse
La malinconia del Milan e quel futuro meno grigio
Più importante della coppetta di Doha e dell’accesso ai preliminari di un torneo faticoso che nulla aggiunge alla gloria, è stata la costruzione di un primo abbozzo di squadra “italiana” con, a tratti, anche schemi di gioco
Sotto il sole a picco, costretti a bere ogni venti minuti, non si poteva caricare come bersaglieri ad El Alamein: d’altronde non ne abbiamo la resistenza fisica né la vocazione al sacrificio. Sbandiamo, siamo distratti e dopo un quarto d’ora avremmo potuto stare sotto di due tre gol e con pieno merito. Il fantaccino sardo sì che sa come prendere a testate le avversità. La nostra stagione finisce nella malinconia. Più importante della coppetta di Doha e dell’accesso ai preliminari di un torneo faticoso che nulla aggiunge alla gloria, è stata la costruzione di un primo abbozzo di squadra “italiana” con, a tratti, anche schemi di gioco. Il domani è nelle tasche del padrone cinese. Che immagino moderatamente rigonfie: per questo la disinvoltura con cui si lanciano grandi nomi per il prossimo mercato non promette molto di buono: come si dice pagare moneta, vedere cammello.
Umanamente siamo finiti anche noi in una valle di lacrime, impossibile resistere a un’elaborazione collettiva del lutto mai vista prima, in nessun altro stadio del mondo e per nessun altro calciatore o atleta. Abbiamo visto ai raggi X l’anima di Totti, il legame con una città, un popolo, faccia dopo faccia, lacrima dopo lacrima: era troppo sperare che capissero l’americano James Pallotta e il toscano Luciano Spalletti, gli anti-papa Francesco cui lo stadio ha riservato solo fischi.
Ancora lacrime nella terra di cui Corrado Alvaro dice che anche le pietre sprizzano intelligenza: il Crotone ha fatto l’impresa e Davide Nicola è l’allenatore dell’anno. Non tutti riescono a sconfiggere la rassegnazione, a tenere in vita la speranza malgrado che mese dopo mese la squadra resti in fondo alla classifica, tutti la diano per spacciata, il fossato sembri incolmabile. Evidentemente c’erano talento e cuore nascosti, Nicola li ha fatti venire fuori, ci ha lavorato sopra, li ha forgiati e nelle ultime dieci giornate la squadra ha fatto più o meno gli stessi punti della prima in classifica, fino alla salvezza. Piccoli Antonio Conte crescono.
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Il Foglio sportivo - in corpore sano
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