Un campetto di calcio. E il ragazzo ricco di famiglia che possiede il pallone

Adriano Sofri
C’è un campetto di calcio, e il solito ragazzo ricco di famiglia che possiede il pallone. Autorizza capricciosamente qualcuno dei ragazzini poveri a giocare con lui, ma solo per fare qualche passaggio, o per mettersi a parare mentre lui tira in porta.

    C’è un campetto di calcio, e il solito ragazzo ricco di famiglia che possiede il pallone. Autorizza capricciosamente qualcuno dei ragazzini poveri a giocare con lui, ma solo per fare qualche passaggio, o per mettersi a parare mentre lui tira in porta. Quelli chiedono di fare una partitella, lui dice di no e quando insistono prende il pallone e se ne va stizzito: “Allora nessuno gioca più”. La cosa va avanti per un bel po’. I ragazzini poveri sono sempre più scontenti, qualcuno si arrangia con una palla di pezza avvolta in una calza, qualcuno si rassegna ancora a mettersi in porta a prendere i suoi tiri, peraltro fiacchi. Un giorno, all’improvviso, arriva un altro ragazzo, chissà da quale altro rione: non dev’essere ricco di famiglia, dal modo in cui porta la sua divisa firmata, piuttosto arricchito. Comunque, ha un suo pallone nuovo, e anche un fischietto. Va a centro campo, convoca tutti, sceglie le squadre e comincia la partita. Al ragazzo ricco di famiglia dice sbrigativamente: “Meglio che esci dal campo, se non vuoi che giocando ti travolgiamo”. Il ragazzo ricco di famiglia, col suo pallone, se ne esce mogio e offeso, guardando storto i ragazzini poveri. Questo aneddoto da quattro soldi è la mia risposta al direttore del giornale che mi ha chiesto: “E di Putin, che mi dici?”. E comunque, se non dice abbastanza di Putin, il mio aneddoto dice parecchio di Obama.