Baghdad a ferro e fuoco
Ieri un’autobomba ha ucciso almeno 90 persone e ne ha ferite gravemente altre decine, a Baghdad, nel cuore sciita di Sadr City. Gli attentati più cruenti sono continui a Baghdad, e sollevano poca attenzione. Ma comunque vada il controllo territoriale dell’Isis su Siria e Iraq, Baghdad è e resterà una posta cruciale della loro impresa: una metropoli divisa in cui scatenare la guerra civile fra sciiti e sunniti. La strage di ieri è avvenuta all’indomani della visita della signora Pinotti, ministro della Difesa, poi passata da Erbil. Il rumore l’avrà inseguita e le avrà fatto sentire da vicino come vive e muore Baghdad. Ancora ieri, le autorità irachene dicono di aver sventato l’attacco di quattro attentatori suicidi a nord della capitale: i quattro, circondati, avrebbero deciso di farsi esplodere, senza fare vittime.
L’Isis vede ridursi le proprie risorse e tuttavia sembra disporre di un numero illimitato di aspiranti suicidi, la loro arma più micidiale. L’altro giorno sul fronte curdo di Tel Skof, a nord di Mosul, alla fine di una battaglia accanita e sanguinosa, i peshmerga hanno catturato tre miliziani dell’Isis, due che non erano riusciti a farsi esplodere, e un terzo ferito. Nell’attacco, riferisce un ufficiale curdo, l’Isis aveva impiegato una cinquantina di attentatori suicidi, morti con altri 30 commilitoni. I peshmerga hanno dichiarato a loro volta di aver perduto tre vite. Nello stesso frangente è stato ucciso il Navy Seal americano Charles Keating, 31 anni, mentre andava in aiuto di tre peshmerga caduti in un’imboscata. Soccorrendo il ferito, l’ufficiale curdo si è sentito implorare di ucciderlo: “Eravamo tutti decisi a morire oggi, nel giorno che commemora l’ascensione del profeta Muhammad”. Il ferito, iracheno di Samarra, si mostrava disperato di non riuscire ad arrivare all’appuntamento col profeta, “entro le quattro”.
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