El tram de Opicina xe nato disgrazià
Il tram di Opicina è azzurro e collega Trieste col Carso con una pendenza del 26 per cento. Di tutta la grandezza dell’impero asburgico è il lascito più umile e glorioso. Ogni tanto ha qualche incidente o qualche sospensione per manutenzione. Ne ebbe uno famoso poco dopo l’inaugurazione, 1902: una carrozza ruppe i freni nel tratto ripidissimo di Scorcola e andò dritto contro la casa del signor Francesco Spehar, distruggendola. Le assicurazioni asuburgiche di allora funzionavano e la casa fu ricostruita. I tre passeggeri che erano a bordo saltarono giù e non si fecero niente. Il guidatore, Antonio Sossich, si fratturò una gamba e morì dopo aver compiuto 101 anni. Ne fu fatta una celebre canzone, che dice così:
E anche el tram de Opcina xe nato disgrazià / vignindo zò de Scorcola una casa’l ga ribaltà / Bona de Dio che jera giorno de lavor / che dentro no ghe jera che’l povero frenador.
Notevole è il ritornello, che mostrava già come alle sorti del tram de Opcina (accento sulla O) fosse legato il destino del mondo.
E come la bora che vien e che va / i disi che’l mondo se ga ribaltà / E come la bora che vien e che va / i disi che’l mondo se ga ribaltà.
Ecco, martedì c’è stato un frontale fra due vagoni del tram di Opicina, quello che saliva e quella che scendeva. Otto feriti, tutti leggeri. Ma il bello del tram è che quando uno sale l’altro scende, in un geniale esercizio di fiducia e reciprocità funicolare.
Dunque, quando si deve decidere se le sorti del mondo autorizzino ancora un barlume di ottimismo, si pensa al tram di Opicina e si va avanti. Ma se il tram di Opicina fa un frontale, e si è un vecchio triestino che studia i presagi e brontola a testa bassa contro il vento, è proprio il mondo che si è ribaltato.
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