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Saddam Hussein (foto LaPresse)
Le cisterne e il vizio della famiglia Saddam
L’altro giorno a Daquq, paese a sud di Kirkuk, è stato catturato Nazar Hammud Abdul Ghany, un cugino di Saddam Hussein, figlio di una zia materna. Era nascosto in una cisterna di acqua potabile, armato di un fucile, bombe a mano ed esplosivi. Ha ammesso di aver partecipato all’irruzione dell’Isis a Kirkuk. E’ un altro che ha preferito farsi prendere piuttosto che farsi esplodere e guadagnare il martirio, segno forse interessante di una demoralizzazione di quei combattenti, che possono arrivare a imbarcarsi in operazioni di prima linea solo per avere l’occasione di consegnarsi.
Naturalmente, i commenti si fermano su una specie di vizio di famiglia quanto ai nascondigli. Nell’occasione i miei amici curdi mi hanno ricordato un episodio che riguarda l’onnipotente, finché durò, secondo figlio di Saddam, Qusayy, ucciso poi dagli americani a Mosul nel 2003. Qusayy arrivò in una delle sue proprietà di Tikrit con due camion cisterna e comunicò a un suo contadino-guardiano che contenevano armi chimiche micidiali e bisognava seppellirle ben in profondità. Le cisterne furono seppellite. Qualche tempo dopo, morto Qusayy e tutti i Saddam, il guardiano angosciato dal suo segreto andò ad avvertire le autorità. Queste vennero, disseppellirono le cisterne con le cautele appropriate e le trovarono piene di lingotti d’oro e dollari in banconote: una colossale fortuna. Dicono che il contadino-guardiano non si sia più riavuto.
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