Extraterritoriali
Il ponte Mazzini, a Roma, fu costruito ai primi del Novecento, e non è memorabile. Ora il terremoto gli ha procurato delle lesioni. E’ transennato per i pedoni, e consentito alle auto, chissà perché, solo in una direzione, quella che va dal lungotevere dei Sangallo al lungotevere della Farnesina. Sicché domenica mattina per raggiungere il punto di ritrovo della Marcia per l’Amnistia i pedoni hanno camminato, in deliberata illegalità, nella carreggiata riservata alle auto. Io ho un rapporto speciale col ponte Mazzini, perché ho studiato al Virgilio, che sta dal lato di via Giulia, e benché non abbia frequentato Regina Coeli, che è l’università popolare di là dal ponte, l’ho a lungo tenuta d’occhio. Se prendete il ponte da un lato, passate dal liceo classico alla galera, e se no dalla galera al liceo classico. I ponti sono fatti così. Le manifestazioni radicali sono un’occasione di incontri altrimenti improbabili. Avanzi di galera, specialmente. La gioia dei cronisti, ammesso che i cronisti strappino un trafiletto: “C’erano Adriano Sofri e Totò Cuffaro…”, eccetera.
Che cosa abbiamo in comune Totò Cuffaro e io? Non so, certi Natali trascorsi in un’atmosfera comune. “Valerio Fioravanti e Francesca Mambro”: che cos’abbiano in comune si sa, o si crede di sapere, e se non si è sopraffatti dal desiderio che siano morti si è felici di incontrare una quindicenne che somiglia loro. “Fabrizio Cicchitto e Mariano Giustino”, niente galera, in comune – anche con me – una discussione su Turchia e curdi che copre una mezzoretta prima che la marcia si muova, e che arrivino anche gruppi di curdi veri, dell’Hdp, del Rojava, e i ritratti di Demirtas e di Ocalan, perché una manifestazione radicale resta una delle ormai rarefatte circostanze in cui chi ha un suo problema può accodarsi.
Per esempio alcuni cordoni di militanti per il Biafra, che hanno una bella bandiera pittoresca, sicché Vincino aderisce subito alla loro rivendicazione d’indipendenza, benché Marco Pannella mettesse in guardia dalla moltiplicazione degli stati indipendenti e suggerisse soluzioni a maglie larghe, e anche Abdullah Ocalan ormai se ne sia convinto. Nelle manifestazioni radicali ognuno è qualcuno – cosa diversa da uno vale uno – e si può salutare calorosamente chiunque senza paura di compromettersi e di comprometterlo. Una fotografia con Buzzi al mondo d’oggi può costare un ministero, ma se l’avete fatta in un corteo radicale siete a posto: c’è l’extraterritorialità. Un po’ come nelle frequentazioni e nei discorsi del Papa, che può farsi fotografare a Regina Coeli mentre gli lava i piedi e nessuno obietta (al massimo si chiede: Io lo farei? Non dico di lavargli i piedi, ma di farmeli lavare).
Ci sono gli avvocati, ma anche a loro le frequentazioni losche sono perdonate per regolamento. Insomma, a un certo punto Mirella Parachini, che fu compagna di Marco per tutta la vita, e un po’ anche mia, è fermata da un paio di turisti americani che chiedono per che cosa sfili quella gente, e prova a spiegare l’insieme della cosa, l’amnistia e il giubileo e Marco e Francesco. Allora le dico che la cosa davvero difficile da spiegare al famoso turista straniero a Roma sarebbe un’altra: che questi che sfilano in una domenica mattina con un’aria insieme così seria e così allegra sono radicali divisi in due partiti, di cui uno si chiama Partito radicale eccetera l’altro si chiama Radicali italiani eccetera, ed esponenti e militanti dell’uno detestano militanti ed esponenti dell’altro e viceversa. Qualunque aggettivo vogliate usare per descrivere questa situazione, uno è senz’altro appropriato: Intraducibile. Non tutti i manifestanti condividono i risentimenti accesi delle due fazioni, altri (forse addirittura la maggioranza? non so) sono semplicemente costernati oppure, se hanno dato per definitivamente spacciata la cosa, amaramente divertiti.
Poiché nella manifestazione ci sono tutti – la mia carissima Emma Bonino, la mia carissima Rita Bernardini, eccetera – sono possibili due scenari: il primo, che la partecipazione comune sia un incidente residuale, e che sia l’ultima volta che succede; il secondo, che l’incidente vero sia il rancore e l’inimicizia e l’avarizia che si sono via via impadroniti di alcuni animi, e che li si depositi in qualche luogo adatto, come un giorno alcuni depositarono in una curia vescovile o qualche luogo analogo le armi che non avrebbero mai più accettato di usare. I radicali poterono patrocinare gesti simili, perché erano nonviolenti. (Nonviolenti, non pacifisti). Ora non sfugge a nessuno, certo non a me, la differenza fra la violenza delle armi e quella dei sentimenti. Ma come si fa a immaginarsi nonviolenti essendo pieni fino a traboccarne di sentimenti violenti e di parole rabbiose? La risposta realista la conosco: succede, e quando succede non c’è niente da fare, e perciò siamo stati favorevoli al divorzio, pur negando alla nostra comunità politica gli scismi gli anatemi e le espulsioni. Doveva essere la differenza fra il modo di stare insieme dei radicali e quello degli altri partiti, e la spiegazione della doppia tessera: un’autorizzazione alla doppia vita. Qualcosa che non è così estranea all’articolo 27 della Costituzione sulla funzione della pena né alla convinzione che non debba esistere l’ergastolo e tanto meno la beffa atroce dell’ergastolo ostativo.
Nello stesso giorno a Firenze dei militanti del Partito democratico scandivano entusiasticamente, a quanto leggo, lo slogan: “Fuori, fuori” all’indirizzo di altri militanti e dirigenti del Partito democratico. Non ho capito bene che cosa abbia fatto Matteo Renzi, dalla presidenza. Avevo letto un paio di giorni prima di un discorso pubblico di Barack Obama, l’amico di Renzi, in cui un contestatore aveva interrotto Obama, e il pubblico aveva zittito e insultato il contestatore, e Obama aveva rimproverato il pubblico… Non so che cosa abbia fatto Renzi, so che cosa avrebbe dovuto fare. Questo episodio del Partito democratico dice qualcosa ai due (o più) partiti radicali e relative galassie? E viceversa? E’ stata una bella manifestazione, quella di Roma. Il Papa ha detto quello che si sperava che dicesse. Ha piovuto solo un poco, solo alla fine. C’erano parecchi garanti dei detenuti, i curdi, i visitatori di carceri, i detenuti in sciopero (c’erano soprattutto loro, invisibili come sono), i difensori delle donne yazide, le bandiere del Biafra, la radio, la musica… Certo, non è che l’inizio.
Il Foglio sportivo - in corpore sano