L'invasione degli Hyksos
Siamo così: ci sembra che all’improvviso il mondo abbia preso tutta un’altra piega, la più brutta, come per un disastro naturale di cui nessun ufficio meteorologico ci avesse avvertito
Siamo così: ci sembra che all’improvviso il mondo abbia preso tutta un’altra piega, la più brutta, come per un disastro naturale di cui nessun ufficio meteorologico ci avesse avvertito. Quando ci riprendiamo un poco dalla costernazione e dall’offesa riandiamo alla lunga incubazione che ora è arrivata a precipitare. Il primo sentimento, che sia successo qualcosa come l’invasione degli Hyksos –un’altra delle metafore con cui Benedetto Croce descriveva ed esorcizzava l’avvento la durata e la fine del fascismo come un corpo estraneo alla storia d’Italia- cede al suo opposto, che la precipitazione della brutta piega fosse annunciata e ormai inesorabile. Ci sembra di non poter farci altro che mettere un ennesimo sacchetto di sabbia sull’argine demolito, ma ogni giorno che passa porta una nuova onda di piena. Non eravamo disposti a votare per Hillary, e già manifestiamo contro la vittoria di Trump e chiediamo il riconteggio nel Wisconsin. L’Europa tecnocratica e burocratica ci indignava, e già chiediamo un referendum che corregga il referendum sulla Brexit. Votare Juppé, noi, che già Hollande era un compromesso oltraggioso, era dura, e già Fillon ha fatto un solo boccone di lui e di noi. E in Italia? Basta poggiare l’orecchio al muro: ci siamo sempre rassegnati a cedere al ricatto della reazione, a votare il meno peggio, questa volta basta! Ma no, non abbiamo affatto votato il meno peggio, abbiamo detto anche l’altra volta, e la volta prima, che ormai bastava! Dopo, manifesteremo nelle strade e ce la prenderemo con la democrazia, che è diventata l’espediente con cui la reazione si impadronisce del potere. Anzi, lo è sempre stata.