Gravidanze e legittimo impedimento
Il rinvio dei processi in queste circostanze è in facoltà della corte
A ricordare la vicinanza e la grossolanità delle dispari opportunità fra donne e uomini in Italia, a parte le nefandezze dei codici, serve in particolare la data di ammissione delle donne in magistratura: 1963, la legge, 1965, l’ingresso effettivo delle prime donne. Io ero già padre. Ora, sempre grazie al tentativo di lenire l’insonnia coi dibattiti registrati di Radio Radicale, ho appreso una notizia che immagino scontata per gli addetti ai lavori ma ignota e anche inimmaginata ai più, e già questo la dice lunga. Si tratta della rivendicazione degli avvocati italiani, cioè delle avvocate italiane, che fra i motivi di legittimo impedimento sia riconosciuto lo stato di gravidanza, per il periodo che la legge prevede al congedo di maternità: due mesi prima del parto, tre mesi dopo. Oggi dunque, se non ho frainteso, il rinvio dei processi in queste circostanze è in facoltà della corte. Una sentenza di Cassazione dell’anno scorso stabilisce che “la gravidanza avanzata non può costituire per sé causa di legittimo impedimento in assenza di specifiche attestazioni sanitarie indicative del pericolo derivante dall’espletamento delle attività ordinarie o professionali”. La richiesta dell’avvocatura, che il ministro della giustizia condivide, prevede che, quando ci sia il consenso dell’imputato, e non oltre un mese dopo la scadenza dell’impedimento, il processo sia aggiornato. Sempre se non sbaglio, qualche complicazione riguarda anche la condizione di gravidanza e maternità delle donne magistrate. Nei confronti delle quali tuttavia non può essere avanzato l’incredibile argomento per cui la gravidanza dell’avvocata offre un pretesto all’imputato interessato a tirare il processo per le lunghe. L’idea – il sospetto metodico – dell’avvocata difensora (come si dice?) scelta a preferenza del collega maschio per avvicinare la prescrizione lascia immaginare che se ne possa fare, nonché un temporaneo vantaggio professionale, una professione vera e propria. Vi ricordate l’Adelina di Eduardo in “Ieri oggi e domani”, che vendeva sigarette di contrabbando a Forcella e per non essere arrestata era sempre o incinta o in maternità, finché Marcello Mastroianni, povero lui, beato lui, ce la faceva (lei era Sophia): la vera Adelina, che si chiamava Concetta, rinviò la propria galera attraverso 19 gravidanze. Dunque la legge e il pensiero comune hanno finora pensato all’avvocata difensora come a un’Adelina interposta, a beneficio dell’imputato furbo e del proprio onorario. Cose da pazzi.