Il fallimento dell'Europa unita è iniziato con la guerra nei Balcani
Srebrenica, Sarajevo e i tragici lapsus
Ho ascoltato mercoledì da Radio 3 Fahrenheit Loredana Lipperini che, presentando la “Biennale della democrazia” torinese, intervistava Gustavo Zagrebelsky, Carlo Ossola e Daniela Di Capua, quest’ultima responsabile dello Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Carlo Ossola è nato a Torino nel 1946, è uno studioso illustre del Rinascimento, di Erasmo, di Dante, del Barocco, di Ungaretti e di molto altro, con un’esperienza vasta e prestigiosa di insegnamento in Svizzera e in Francia, oltre che in Italia. Io purtroppo conosco direttamente poco della sua opera, ma quel poco, in particolare i suoi testi sul Cortegiano, con, ammirazione. C’è in rete un’ottima introduzione alla sua conoscenza, l’intervista che gli fece nel gennaio 2015 Brigitte Schwartz per la radiotelevisione svizzera.
Ossola parlerà domenica sul tema: “Il senso dell’Europa è il suo capitale di civiltà”. Ho ricordato così sommariamente la bravura culturale e la dignità civile di Ossola perché mi ha impressionato un lapsus della sua conversazione con Lipperini. Ha detto: “Tranne la dolorosa ma per fortuna breve esperienza del Kosovo è pur sempre da sessant’anni che l’Europa non ha guerre”. Non importa il numero degli anni, quello che mi ha colpito è naturalmente l’omissione della guerra ex yugoslava. La quale ebbe una portata incomparabile con quella del Kosovo, ma soprattutto mise l’Europa alla prova di una seconda Sarajevo. L’Europa, scrisse allora Alexander Langer, “muore o nasce a Sarajevo”.
Poco dopo venne Srebrenica, la promessa francese, la viltà olandese, il genocidio. Ossola lo sa benissimo, il suo non può essere considerato che un lapsus, certo. Non ci sarebbe ragione di annotarlo, se non per segnalare che quella dimenticanza è singolarmente diffusa. Ricordando negli scorsi giorni anniversari la pace che il patto europeo ha assicurato ai suoi cittadini, pochissimi si sono ricordati di Sarajevo e di Srebrenica e degli anni tragici post yugoslavi. In alcuni agisce ancora, consapevole o no, il giudizio, il pregiudizio, sull’eccezione dell’atavismo balcanico, che fa sì che i Balcani siano geograficamente europei ma civilmente manicomiali. In altri agisce un fastidio e un’insofferenza che già mentre quella tragedia infuriava indusse a ignorare, minimizzare o simpatizzare con gli aggressori piuttosto che con le vittime.
Carlo Ossola è insospettabile di indifferenze, e mi scuso di abusare del suo lapsus per sollevare un punto che mi allarma e amareggia. L’Europa unita era nata dal ripudio della guerra e di una storia lunghissima e terribile. Non ha saputo usarne abbastanza la lezione. Il fallimento dell’Europa dell’unione, la bella Europa dell’Erasmus, di fronte alla guerra civile di razza e di religione dei primi anni 90 alla sua periferia è stato una premessa del fallimento dell’Europa corrente di fronte a migranti e rifugiati oggi.