Che fine ha fatto Mosul?
A Mosul si continua a combattere, morire, fuggire
E dov’è finita Mosul? Eh, è dura la concorrenza delle stragi e dei soccorsi al giorno d’oggi. A Mosul si continua a combattere, morire, fuggire, fuggire per non morire, morire cercando di fuggire. Le operazioni sono davvero rallentate, un po’ per la preoccupazione di ripetere errori micidiali per le vittime civili. Che la preoccupazione sia sincera o voglia evitare la cattiva propaganda è del tutto secondario, se non nei cuori delle persone negli effetti delle loro azioni. La propaganda, dunque lo sguardo del mondo esterno, è il miglior sostegno alla tenerezza dei cuori. Il rallentamento è anche dovuto alla prevista resistenza dei miliziani dell’Isis, tanto maggiore quanto più ci si inoltra nel labirinto di case vicoli e gallerie della Città Vecchia. L’ultimo rapporto sui danni materiali – non dunque le perdite umane di morti, feriti, fuggiti – riguarda i soli quindici giorni fra il 30 marzo e il 15 aprile, sulla sponda destra del Tigri, dove gli scontri sono arrivati alle soglie della città vecchia. (Lo trovate qui: unhabitatiraq.org). Il più colpito è ora il quartiere di Al-Rabee, a nord-ovest del centro, dove gli edifici residenziali “distrutti o gravemente danneggiati” (gli unici che le immagini satellitari riescono a distinguere) sono stati 481. Gli si avvicina il quartiere di Al-Jadeda, al limite di sud-ovest della città vecchia, dove gli edifici di abitazione distrutti sono più di 400. Nella lista dei danni le case di abitazione hanno il primo posto, seguite da ponti e strade e dai siti commerciali e industriali. La mappa aggiornata del centro di Mosul, in cui i luoghi distrutti dagli scontri a terra o dai bombardamenti aerei sono segnati da circoletti di vario colore per le categorie degli edifici, sembra già un dipinto puntinista.