La battaglia di Hawija
La città, un capoluogo di distretto a una quarantina di km a sudovest di Kirkuk,è tenuta ferocemente dall’Isis e soffre di una penuria estrema
Aspettando, col fiato ancora sospeso, la fine di Mosul, conviene ricordare la sconcertante vicenda di Hawija. Hawija è un capoluogo di distretto a una quarantina di km a sudovest di Kirkuk. Aveva una popolazione pressoché interamente arabo-sunnita vicina al mezzo milione, con più di 100 mila abitanti nel centro. Ora nessuno sa quanti siano, migliaia sono fuggiti, specialmente verso il campo profughi curdo di Dibaga, altri sono affluiti nella città, che potrebbe oggi contenere il doppio di abitanti civili. Hawija e il territorio circostante, disseminato di villaggi, è una roccaforte dell’Isis. Finora, “inspiegabilmente”, ne è stata dilazionata l’operazione militare della coalizione, sempre prevista. Inspiegabile è l’aggettivo che si applica a trame locali e internazionali che si neutralizzano a vicenda e mirano comunque a tenere calda una situazione cui delegare una resa di conti importante. Considerazioni militari avrebbero reso ovvia una liberazione di Hawijia prima dell’offensiva su Mosul, che le avrebbe sgomberato la strada e avrebbe eliminato una minaccia alle spalle. Ma la collocazione di Hawija, fra il centro petrolifero di Baiji e Kirkuk, ne fa una posta strategica. La città è tenuta ferocemente dall’Isis e soffre di una penuria estrema. Le azioni della coalizione, intensificate di recente, si limitano a colpire dal cielo convogli o postazioni individuate di capi dell’Isis. Ma è come se i diversi e opposti attori internazionali e locali avessero fissato un appuntamento a Hawijia per l’indomani di Mosul. I primi sono soprattutto iraniani e americani. I secondi iracheni sciiti delle milizie Hashd al-Shaabi incamerate nell’esercito iracheno e obbedienti all’Iran, e peshmerga curdi. Così la battaglia per Hawijia sarà in realtà la battaglia per Kirkuk.