Domenica d'agosto
Pensare che Emmer fu stigmatizzato per aver tradito la drammaticità neorealista e inaugurato la leggerezza della commedia all’italiana. Ma nel 1950 era in agguato il miracolo economico
Sono rimasto senza occhiali, quelli da vicino, li ho persi in un bosco. Non è una buona idea perdere gli occhiali in agosto. Si può sempre guardare la televisione, con gli occhiali da lontano. Ieri mattina c’era un famoso film di Luciano Emmer, Domenica d’agosto, uscito all’inizio del 1950, in bianco e nero, all’origine, in bianco e grigio oggi. Bel ripasso. C’è Franco Interlenghi diciottenne, ne mostra quindici. Va e torna da Ostia in bicicletta, con un fratellino sulla canna, mentre accanto sfrecciano le Vespe. C’è una Anna Baldini al suo unico film, a quindici anni, ne mostra sedici. C’è una rapina fallita al mattatoio di Testaccio, muggiti e sparatorie. C’è la spiaggia di Ostia, i bagni per i ricchi, coi pattìni, e quelli per i poveri, e un tratto inaccessibile perché non è stato ancora sminato. C’è Marcello Mastroianni, in divisa da pizzardone, ma è doppiato da Alberto Sordi. C’è il produttore viscido che vuole farsi una bella cassiera, triste per amore. C’è una domestica licenziata e incinta di Mastroianni, forse si sposeranno, non è detto. Ci sono le bambine della colonia con le suore. Donne in costume, piuttosto in carne. Uomini grassi in canottiera, magri in camicia bianca, coi capelli lisci e i baffetti. Ci sono molti costumi di lana pesante, per uomini e donne, che l’acqua del mare rende ancora più pesanti e grondanti. Ci sono i millantatori, quasi tutti, le signore ricche non più giovani e già avare, i mantenuti dalla capigliatura a onda, gli aristocratici cretini e cinici, che lo sanno. E pensare che Emmer fu stigmatizzato per aver tradito la drammaticità neorealista e inaugurato la leggerezza della commedia all’italiana. La volgarità c’era già tutta, era una volgarità rudimentale se non innocente, era in agguato il miracolo economico. Un paese che poteva mettere la voce di Sordi sulla faccia di Mastroianni: un patrimonio colossale che aspettava solo di essere diviso, investito e messo a frutto. Dietro chiunque facesse una telefonata a gettone c’era qualcuno che aspettava impaziente che finisse, per telefonare lui.