Viaggio a Barzan
Dove i Barzani hanno un gran potere e sono molto conosciuti
Oggi, 1 novembre, per il primo giorno Masud Barzani non era più presidente del Kurdistan iracheno. Erbil era ancora piena di polvere e sabbia e sono andato a Barzan, il villaggio di origine della gran tribù dei Barzani. Sono quasi 200 km da Erbil, in mezzo a montagne suggestive, sopra il Grande Zab, e pioveva forte. C’è un imponente monumento, ancora incompleto, con le tombe affiancate del padre di Masud, il leggendario Mustafa, e del fratello maggiore, Idris. I Barzani hanno un gran potere e molti nemici. A Masud si imputa di aver comandato il suo partito, il Pdk, e la sua parte di paese, Erbil e Duhok, come un padrone; di aver promosso la famiglia come un patriarca vorace; di tenere coi suoi le mani sulla ricchezza del paese; di essere intollerante, lui o i suoi più zelanti, di dissensi e critiche. Nacque a Mahabad, nel Kurdistan iraniano, nel breve intervallo fra il ’45 e il ’46 in cui i curdi proclamarono la repubblica e suo padre Mustafa ne fu il capo militare. Qazi Muhammad fu impiccato dallo scià, Mustafa e i suoi peshmerga andarono in un lungo e non dorato esilio nell’Urss. Gli anni della vita di Masud furono sempre drammatici, spesso tragici. A sua volta la gente di Barzan fu deportata e massacrata a più riprese. Non di rado i curdi furono settari e feroci fra loro fino a combattersi e tradirsi e uccidersi dentro le stesse famiglie: storia che si ripete. Da molti anni Masud è stato a capo di un Governo Regionale Curdo che ha acquistato, dal 1991 e poi più largamente dal 2003, una forte autonomia e ha conosciuto un forte sviluppo, mentre il resto dell’Iraq subiva rovesci paurosi.
E’ stato ricevuto con tutti gli onori dai grandi del mondo. Ha offerto al mondo il valore dei peshmerga nella guerra contro l’infamia dello Stato Islamico. Si è fregiato del titolo di presidente ben oltre il doppio mandato, perché c’era sempre un’urgenza a protrarlo, e anche questo non gli viene perdonato. Sono tante le cose che si addebitano a Masud Barzani. Però oggi, unico visitatore di Barzan e delle sue tombe coperte solo di ghiande cadute, sotto quella pioggia benvenuta, ho pensato che questo signore di 71 anni si è messo contro il mondo intero per il desiderio di essere ricordato come il padre dell’indipendenza curda, lui, da sempre figlio, da quella breve Mahabad di impiccati e di fuggiaschi. Ha perso la sfida. Gli avevano rinfacciato di volerla per rinsaldare il suo potere vacillante. Macché: il suo potere era solido, così ha perso molto di più. Ci ha provato, e una gran maggioranza di curdi con lui.