Saba e l'ungherese
Ad Akre, cittadina curda fra Duhok ed Erbil, c'è un uomo molto grande e molto grosso che è stato a lungo in galera al tempo di Saddam Hussein e che ha imparato la lingua dal suo compagno di cella
Akre (o Aqhra) è una cittadina curda, fra Duhok ed Erbil, vicino ai monti Qandil, che ha una vasta parte nuova e insulsa in piano, e una affascinante parte antica arrampicata su tre montagne. E’ stata abitata da zoroastriani, ebrei, assiri cristiani e curdi, uno dei quali si chiama Saba ed è molto grande, molto grosso, e ha una voce stentorea. Non è più giovane ma resta fortissimo: posso testimoniarlo attraverso la nostra stretta di mano e i racconti dei suoi ascoltatori – ha sempre un certo pubblico: per esempio, che è capace di piantare da solo un palo della luce al quale gli altri devono faticare in tre. Un anno e mezzo fa andai ad Akre e in cima alla città vecchia, all’uscita di un caravanserraglio pittoresco per la rovina, Saba mi fermò, alla lettera, con una mano delle sue sulla spalla, e mi rivolse perentoriamente la parola in una lingua che, mi spiegarono i miei accompagnatori curdi, era ungherese. La storia era così, che Saba era stato messo a lungo in galera al tempo di Saddam Hussein per una sua irriducibilità, aveva avuto per compagno di cella un ungherese di reati comuni, e da lui aveva imparato la lingua. Da allora Saba affronta gli stranieri che capitano ad Akre nella speranza di mettere a frutto il suo ungherese. Mi vergognai, essendo stato in galera a lungo senza imparare l’arabo e le tante altre lingue che vi si parlano: avevo solo l’attenuante della cella singola. Be’, ieri sono tornato ad Akre, e in fondo a un vicoletto di gradini del bazar ho avvistato un capannello sovrastato dalla statura e dal volume di un uomo, il mio uomo, Saba. Mi sono fatto sotto e gli ho ricordato alla meglio che eravamo amici, Adriano, ti ricordi, ci ha pensato un po’, poi si è illuminato, mi ha stretto la mano (non ve lo auguro) e con un enorme sorriso ha esclamato: “L’ungherese!”.