“The Last Girl”, il racconto di una ragazza yazida
Per non dover ripetere ogni volta i dettagli della schiavitù sessuale, Nadia Murad ha scritto un libro
La benvenuta campagna MeToo induce a tornare sulla vicissitudine delle yazide, donne ragazze e bambine, rapite, violate, schiavizzate dai farabutti dello Stato islamico, per i quali la conquista e la brutalità sessuale non sono state un risultato collaterale ma un movente fondamentale. Fu a lungo difficilissimo, per le scappate ai loro persecutori, parlare di quello che avevano subito. E non fu facile per molte essere riaccolte dalle loro famiglie. Piano piano, con il sostegno di altre donne yazide in primo luogo e di organizzazioni internazionali, le cose cambiarono. I capi della comunità esortarono all’accoglienza delle ragazze che erano state vittime della violenza ed erano oppresse dalla vergogna, e sentivano addosso anche il peso della vergogna dei propri famigliari. Cercarono spesso, e non di rado riuscirono, a suicidarsi, quando erano nelle grinfie dei loro stupratori e anche quando riuscivano a sfuggire loro. Giovedì Rudaw ospitava il racconto di Mayada Resho, che ora ha 14 anni e ne aveva poco più di dieci quando fu presa dall’Isis, con tutti i suoi: di undici della sua famiglia solo lei è tornata. Vive ora da un cugino del padre, Hassan Haji, che dice: “Tirar su questi orfani cresciuti sotto l’Isis è duro. Ma non c’è scelta. I suoi capelli si sono imbiancati. La sua psiche a pezzi. Ma starà a casa mia”.Lei parla arabo ora più facilmente che curdo.
E’ una storia che somiglia a tante altre ormai, ma questa adolescente fa i nomi dei suoi successivi padroni, una genealogia dell’infamia: “Ci compravano e rivendevano. Dovevamo servire. Il primo che mi comprò si chiamava Abu Bakir al Iraqi. Poi mi vendette a Sagir Libyan, e questo a Muawya, il quale mi vendette a Abu Shadad e questo mi vendette a Abu Hussein. Abu Shadad e Abu Omar e altri furono uccisi. Furono colpiti in bombardamenti aerei”. Così, di mano in mano, di botte e stupro in botte e stupro. 1.728 minori sono stati finora liberati, o sono fuggiti, alla schiavitù dell’Isis. Tanti altri no. Una fuggita, la Nadia Murad diventata famosa dopo un suo discorso alle Nazioni Unite, oggi ventiquattrenne, ha appena pubblicato un libro con la propria storia, “The Last Girl”. Ha detto di aver riferito i dettagli della sua schiavitù sessuale nel libro, “così non dovrò raccontarli ogni volta di nuovo”.