Doppio colpo di scena in Yemen
Prima il voltafaccia repentino di Saleh nei confronti degli Houthi, poi i suoi alleati feriti che lo hanno ucciso
Del 75enne Ali Abdullah Saleh, per 33 anni, fino al 2012, presidente e dittatore dello Yemen, poi di nuovo dal 2015 presidente della metà di nord del paese, quella di Sanaa, grazie all’alleanza coi ribelli sciiti Houthi, si dicono proverbialmente queste cose: che è stato uno dei più corrotti capi di stato del nostro tempo (gara affollata); che descriveva il dominio dello Yemen come “una danza sulla testa dei serpenti”; e che veniva considerato come una formidabile incarnazione contemporanea del machiavellismo. Negli scorsi due giorni è stato il protagonista, prima attivo poi passivo, di due spettacolari mosse. La prima, l’abbandono dei ribelli Houthi e l’appello agli yemeniti a rivoltarsi contro di loro e cacciarli, offrendo ai sauditi un accordo fondato ufficialmente sulla fine dell’embargo e dei bombardamenti aerei, e di fatto sulla immunità per sé e famiglia. Il voltafaccia, l’ennesimo della sua carriera, veniva in mezzo a scontri fra le sue forze e quelle degli Houthi che avevano già provocato centinaia di morti a Sanaa, una “guerra civile nella guerra civile”. Della seconda mossa spettacolare, spettacolarissima, sono stati autori gli alleati-traditi di Saleh, che hanno fatto saltare il suo palazzo e, a quanto pare, lui stesso. Vedremo che cosa questo doppio colpo di scena significherà per le sorti della guerra e dei suoi protagonisti, Arabia Saudita e Iran, e per i milioni di yemeniti affamati e stremati. Intanto vorrei osservare che delle due mosse la prima, il voltafaccia repentino di Saleh, è la più banalmente machiavellica, e la seconda, la sua uccisione, è la più autenticamente machiavelliana. Non si gioca, a quell’età, con la fortuna.