La trappola ad autoscatto che rende surreale il caso della lista +Europa
La vicenda Bonino, gli imbrogli regolamentari e le faide radicali
Vediamo se ho capito. Il Pd ha un gran bisogno di alleanze perché affronta le prossime elezioni in una specie di stato d’assedio che si è largamente procurato con le proprie mani. Uno degli alleati possibili è il movimento che si chiama + Europa e ha condotto da mesi una campagna larga e trasversale col titolo “Ero straniero”. Fra i promotori più noti del movimento c’è Emma Bonino, già commissaria europea, più volte ministro nel governo italiano e tante altre cose pregevoli, Benedetto Della Vedova, attualmente sottosegretario agli Esteri, Riccardo Magi, segretario di Radicali italiani, Marco Cappato, uomo delle istituzioni per eccellenza, la presidente Antonella Soldo, e così via. Nonostante il suo blasone la lista non può presentarsi, secondo la legge elettorale approvata alla meglio alla fine della legislatura, se non dopo aver raccolto una micidiale quantità di firme in tutti i collegi, che intanto sono diventati 63 contro le 26 circoscrizioni di prima. E’ una discriminazione plateale di cui gli stessi autori della legge, che sostituisce all’ubriachezza molesta della precedente una sensazione di leggera follia, si rammaricano, sia pure la mattina dopo, per così dire, e perciò il Pd presenta un emendamento che la corregga. Ed ecco che alla Camera il capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta, persona di spirito ma incline a ultimatum napoleonici, minaccia: se si vota l’emendamento, lui farà saltare la legge Finanziaria consegnando l’Italia all’esercizio provvisorio e, per completezza, all’aumento dell’Iva. Bum! – direte voi, le solite ragazzate.
E il Pd? Il Pd ha ritirato l’emendamento. La fase che la vita pubblica sta attraversando infatti, e la politica in particolare, è quella, dice un mio amico, del surrealismo senza surrealisti. La trappola ad autoscatto congegnata nella legge elettorale è troppo complicata perché io provi a riassumerla, c’è una dettagliata nota esplicativa che ho messo in rete (Conversazione con A. S., la trovate anche sul sito di Radicali italiani) e ho riletto tre o quattro volte per raccapezzarmi. Ho capito comunque a che punto siamo, e lo riassumo in una serie di aut-aut. O la lista + Europa prova a raccogliere da sé le firme necessarie, e per avere una minima possibilità di riuscita deve cominciare subito. Oppure confida nell’aiuto del Pd, ma per questo i tempi utili si riducono a pochi giorni fra il 21 e il 28 gennaio.
Domanda che è difficile evitare: Voi vi fidereste di un impegno eventuale del Pd che dovrebbe essere poi realizzato dai suoi apparati in 63 collegi, compresi alcuni in cui il Pd ha rinunciato perfino ad avere una stanza per morosità? Ulteriore aut-aut, questo politico, non regolamentare: la lista + Europa riceverebbe più consensi se si presentasse in alleanza col Pd, o ne riceverebbe di più se corresse da sola? Oggi c’è, se non un numero (dei numeri non saprei dire) una varietà di persone che voterebbero “Bonino”, come per brevità si dice, e vanno, come in una canzone di Jovanotti, da Giuliano Ferrara a Che Guevara. Gente che non voterebbe più Berlusconi alleato di Salvini, e gente che non voterebbe “mai” Matteo Renzi. Alcune di queste persone però non voterebbero Bonino se ritenessero che il loro voto andasse sprecato, nel caso che non ci fosse l’accordo col Pd. Altre non la voterebbero proprio se ci fosse quell’accordo col Pd. Così Bonino e compagni si trovano nella non invidiabile situazione di dover scegliere fra queste strade, e di doverlo fare con l’acqua alla gola. Probabilmente però la scelta è già stata fatta dagli altri, i surrealisti preterintenzionali, che con l’imbroglio regolamentare costringono la lista + Europa ad andare sola. La cosa è ulteriormente buffa se si tiene conto dei precedenti, i modi allegri in cui partiti gloriosi vecchi e nuovi hanno ciurlato nel manico con le firme da autenticare, mentre i radicali ne hanno fatto una bandiera. Ho la solita postilla che riguarda gli altri radicali, il Partito transnazionale.
Da quando si sono sdoppiati, i gruppi dirigenti radicali hanno piuttosto ovviamente visto gli uni negli altri i propri nemici prediletti, dimenticando troppo spesso che altre persone loro affezionate non sarebbero state altrettanto disposte a sdoppiarsi. I radicali del Partito pensano che l’impegno elettorale della lista +Europa sia una mossa sleale contro di loro. Sarebbe troppo normale che si rispettassero e sostenessero a vicenda, e si congratulassero gli uni dei successi degli altri: del testamento biologico, dell’ordinamento penitenziario, e del molto resto. L’ultima volta che mi augurai l’ingresso dei radicali in parlamento era il 2008 di Walter Veltroni, ci entrarono e fecero come sempre un eccellente lavoro, e per farlo accettarono di essere semplicemente una “delegazione” fra gli eletti del Pd, a differenza del riconosciuto gruppo di Di Pietro, che tradì l’impegno preso cinque minuti dopo l’elezione. E accettarono il veto, piuttosto odioso, sulle candidature di Sergio D’Elia, Silvio Viale e un terzo dei loro, che si chiamava Marco Pannella.