Metafore siciliane
Gli ospiti in Sicilia hanno sempre qualche invenzione linguistica o pittoresca da riferire. Non che non siano gentili, si sa che lo sono magnificamente. Solo che sanno già tutto
Viaggiare in Sicilia in compagnia di soli siciliani è un po’ frustrante. Non che non siano gentili, si sa che lo sono magnificamente. Solo che sanno già tutto. A metà gennaio i mandorli sono in piena fioritura, e vi viene quasi di gridarlo. Certo, dicono loro indulgenti, la sagra del mandorlo si fa a gennaio. Sono fiorite addirittura delle ginestre, le ho viste coi miei occhi attorno a Castellammare. Naturalmente, dicono loro con noncuranza, è stato un anno caldo. E c’è una siccità terribile, dicono. Ho contato almeno una ventina di rapaci sopra l’autostrada da Segesta a Trapani: sì, là si vedono sempre, dicono, anche molti di più. In compenso gli ospiti siciliani hanno sempre qualche invenzione linguistica o pittoresca da riferire. A Palermo F. aveva un compagno di scuola che provvedeva alle assenze così: “Mi inventai una statamale”. A Trapani O. lavora all’Avis, intesa come donazione del sangue, e all’ennesima telefonata di un turista tedesco che chiedeva un’auto a noleggio ha risposto: “Venga domani mattina. A digiuno”. In una famosa trattoria di cuscus di pesce mi garantiscono che il cameriere ha chiesto a una cliente se fosse allergica ai glutei. La cosa davvero bella che ho sentito però non è divertente, è commovente. Un mio caro e vecchio amico non vedente ha da tanti anni un bravissimo cane, che ha perduto anche lui la vista, e ora si guidano a vicenda. Commovente e istruttiva, per chi abbia ancora voglia di metafore.