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Come trasformare un tempo opaco e avvilito in uno stimolo per il centrosinistra

Adriano Sofri

L’infimo risultato molisano del Pd è la prova della sua emorragia nelle amministrazioni regionali e locali, dove era stato la vera ossatura della vita pubblica italiana

Ho aspettato anch’io il risultato delle elezioni molisane. Io però ero curioso di vedere come sarebbe andato il Pd. Il quale veniva da una presidenza ottenuta nel 2013 con una percentuale superiore a quella toccata ieri dal vincitore di centrodestra. Il presidente uscente prima di aderire al centrosinistra era stato a più riprese candidato con Forza Italia. Il risultato del Pd era l’ultima delle cose cui si dedicasse qualche attenzione: importavano i piazzamenti relativi dei 5 stelle e del centrodestra, e all’interno di quest’ultimo di Forza Italia e Lega. Si sa com’è andata: enorme astensionismo, regresso notevole dei 5 stelle rispetto al voto nazionale, Forza Italia sopra la Lega. Il Pd come partito ha preso meno del 10 per cento. Il Molise è piccolo. Ma l’emorragia del Pd nelle amministrazioni regionali e locali, dove era stato la vera ossatura della vita pubblica italiana, è diventata da anni il destino scontato delle elezioni locali. Scontato, dico, perché il Pd ci andava in un contesto e con candidati che già davano per inesorabile la sconfitta o, come a Roma, la mortificazione. In Molise c’è stato un dettaglio grottesco in più: il tentativo di dirigenti nazionali del Pd già sgominato nelle politiche di proporre la candidatura in extremis di Di Pietro. Nella campagna elettorale nazionale uno dei pochi punti luminosi era stato l’argomento con cui Matteo Renzi aveva liquidato la candidatura politica cercata da Di Pietro: “Di Pietro rappresenta una cultura giustizialista che noi non abbiamo mai apprezzato e con tutto il rispetto per la sua persona quella storia rappresenta il passato. Quando hanno provato a farmelo candidare io ho detto con sincerità: se volete che il Pd porti Di Pietro in Parlamento dovete trovarvi un altro segretario”. Il grottesco ripescaggio era stato poi sventato dallo stesso Di Pietro, uomo di ogni candidatura ma capace di fiutare l’odore di disfatta. Bene. L’infimo risultato molisano del Pd, e quello in Friuli Venezia Giulia che lo replicherà domenica prossima, in un’altra regione in cui il Pd aveva il governo uscente, passano per ultimi stracci che volano, indegni di attenzione. Il Pd, se c’è, è come se non ci fosse, che dopotutto è una idea: fare il morto, nel campo di battaglia disseminato di cadaveri, può essere un modo per passare inosservati e all’arrivo del buio strisciare via e cercare gli altri scampati. Eppure molto è successo in questi nemmeno due mesi che sembrano aver ridicolmente segnato il passo. Il Movimento 5 stelle, preso per uno spostamento tellurico inesorabile né di destra né di sinistra, ha perfino lussuriosamente manifestato un proprio trasporto per la più vera destra italiana che è la Lega di Salvini. La Lega di Salvini, quintessenza di secessionismo razzista aggiornato in sovranismo nazionalista per sostituire ai meridionali italiani i migranti stranieri, di mitologia paganista-antisemita aggiornata in bigottismo cattolico per sostituire alla rivalità territoriale della chiesa la demonizzazione dell’islam, di culto delle autocrazie insofferenti dei lacci democratici, dal Cremlino a Budapest alle escursioni a Pyongyang, il tutto fuso con il nazionalsocialismo di Prima gli italiani (specialmente i padroni italiani), passa ormai, col lungo tenace contributo dei media più popolari, compresi quelli “aperti” e spregiudicati, per un partito della rivincita sociale di poveri, pensionati, umiliati e offesi delle periferie – che è la principale spiegazione dell’incapacità di CasaPound di andare oltre lo zero virgola poco.

  

Che cosa potrebbe fare l’avanzo vario di centrosinistra che intanto fa il morto, illudendosi dopotutto di respirare ancora? Non so. Forse un congresso, un grande congresso aperto a chiunque, dentro o fuori del Pd, preparato da incontri fisici e discussioni come quelle che permette la rete, con due finalità essenziali, una positiva e una negativa. La positiva: proporre, mettere a confronto e scegliere analisi e proposte sullo stato del mondo e i compiti di chi sogni ancora di governarlo secondo un criterio di giustizia e libertà. La negativa: escludere che questo congresso, o comunque lo si chiami, si proponga di fissare cariche, organigrammi, organi e strumenti di direzione e di organizzazione. Un solo confronto di intelligenze e sentimenti: le ambizioni seguiranno, a distanza di sicurezza. Un tempo opaco e avvilito potrebbe rivelarsi vivace e stimolante. Somiglierebbe a una vasta e capillare scuola quadri, una scuola in cui tutti, anche i più capaci, andrebbero a imparare, gli uni dagli altri. E a far tesoro dell’improvvisa, desolante perdita di potere. Niente è più utile del vuoto di potere a rimettere in moto l’intelligenza, e magari anche una decenza umana.

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