Il numero di omicidi di donne che fanno le prostitute? Non pervenuto
La spaccatura tra allarmisti e minimizzatori sui femminicidi e i nostri limiti culturali
Ci sono molte cose belle nel programma di Gad Lerner su Rai 3, “La difesa della razza”. Nella seconda puntata, trasmessa domenica sera, mi ha impressionato specialmente il colloquio fra Gad e Isoke Aikpitanyi, una signora nigeriana che raccontava la propria esperienza passata di schiavismo sessuale e le violenze subite, fino a un pestaggio assassino dal quale era uscita solo perché era svenuta e i farabutti l’avevano data per morta. Isoke ha promosso un’Associazione fra vittime della tratta. Gad le ha chiesto: “Ma lei, voi, sapete quante sono le donne nigeriane assassinate in Italia?”. La risposta è stata: “500 negli ultimi vent’anni”. Non so se e quanto questa cifra agghiacciante (non è una cifra, sono vite e morti di giovani donne) sia fondata e documentata: temo molto di sì. Da anni si svolge una superflua discussione sulle uccisioni di donne in Italia, i femminicidi, a imitazione di quanto avviene su qualunque tema – garantisti e giustizialisti, buonisti e cattivi, fermezza e trattativa… - fra presunti allarmisti e veri minimizzatori. I secondi evitano di commisurare il dato per il quale il numero dei femminicidi resta più o meno costante negli anni con la diminuzione ingente di tutti gli altri omicidi. Ma c’è un altro “dettaglio” sul quale in questa lussuosa discussione ho sempre cercato di richiamare l’attenzione: il numero di violenze e uccisioni di donne che fanno le prostitute. Non pervenuto, troppo spesso, per ragioni materiali e più ancora culturali: sono donne straniere per lo più, donne d’altri ma di chiunque altro, dunque di nessuno. Perdute, anche per le statistiche. Se il numero di donne nigeriane citato da Isoke fosse appena attendibile, e moltiplicato per le altre provenienze di donne costrette alla strada, i numeri del femminicidio cambierebbero. Mi è piaciuto ascoltare la signora Isoke e anche suo marito, l’uomo italiano che fu suo “cliente” e che ha imparato moltissimo su sé, sulle proprie vite precedenti, e sugli altri maschi.