Il giovane di Mozio e il satiro danzante
Siccome il discorso di Graziano Delrio mi ha messo di buonumore sono andato a rivedere il giovanotto di marmo e il satiro di bronzo. Stanno tutti bene
L’altro giorno, siccome il discorso di Graziano Delrio mi aveva messo di buonumore, ed ero a Trapani, sono andato a Mozia a rivedere il giovanotto di marmo e a Mazara a rivedere il satiro di bronzo. Stanno tutti bene. Il ragazzo di Mozia non l’avevo ancora visto senza sostegno esterno, com’è dopo che gli è stato fornito un basamento antisismico in cambio delle lunghissime emigrazioni transoceaniche. Gaia Servadio ha appena aggiornato per Feltrinelli il suo libro dedicato a Mozia, dove peraltro scavi e studi continuano. Ho visto che un archeologo della Sapienza, Lorenzo Nigro, è intervenuto nella discussione sull’identità del giovane raffigurato dallo scultore (attorno alla metà del V sec. a.C.) proponendo che si tratti dell’auriga di Achille, Alcimedonte, cantato nei libri XVI e XVII dell’Iliade, dove si tratta della contesa per il corpo di Patroclo. Nigro ha letto il nome di Alcimedonte su un cratere attico trovato a Mozia nei pressi del Kothon, il bacino d’acqua destinato ai riti religiosi. Se le cose stanno così cadono le ipotesi secondo cui la statua, che è in marmo di Tessaglia, fosse stata commissionata dai signori fenici di Mozia a un artista greco per rappresentare una divinità punica. Sta di fatto che non esiste scultura così risolutamente e quasi provocatoriamente erotica. Le forme del giovane sono esaltate dal “panneggio bagnato”, la cui aderenza vale a metterle clamorosamente in rilievo. Il culo è più deliberatamente turbante di quello del bronzo A di Riace, in cui probabilmente manca un’intenzione, mentre il gesto del supposto auriga di Mozia, la “mossa” dell’anca e la mano posata sul fianco, somiglia all’invito di una cortigiana sulla soglia del suo bordello. La mano sull’anca, smozzicata e mutila del suo braccio, è il dettaglio più suggestivo della bellissima statua, perché fa immaginare a prima vista che non sia la sua mano ma quella di un dio o un padrone seduttore che lo ghermisca. Il satiro danzante, quanto a lui, è nel pieno del suo orgasmo e non sollecita l’immaginazione, solo l’ammirazione un po’ esaltata di noi, della razza di chi rimane a terra.