Il premier Giuseppe Conte riferisce al Senato sulla manovra (Foto LaPresse)

La manovra è passata ma i gialloverdi rimangono un pericolo

Adriano Sofri

Gli italiani poverissimi, l’esaltazione dei processi, giornali tacitati. Non ci sarà la procedura di infrazione ma il governo non è uno scherzo 

Giorno dietro giorno si svolge la procedura di minimizzazione e normalizzazione del nuovo governo (bisognerà una volta fissare la scadenza oltre la quale non sarà più nuovo). Sventata l’infrazione, ci sarà una parte di elettori disposta a considerarlo un successo: una truffa riuscita, dunque. Un’altra parte, meno larga, più scelta – da se stessa, almeno – trova una ragione di rassicurazione nella plateale sciocchezza dei governanti. Governanti così, gente che dopo una recita di sfide e minacce rodomontesche, io a quello lo gonfio, tenetemi se no lo sfascio, batte in ritirata proclamando di avergliela fatta vedere, gente così, aiuto aiuto ho fatto un prigioniero, che pericolo volete che sia per la democrazia. Stupidi, sbruffoni, inetti, dunque innocui.

 

Passeranno, tutto passa. Reddito di cittadinanza già ridotto a un misto di mancia e misura punitiva. Flat tax non ne parliamo. Quota 100 alla finestra. Il rimpatrio dei migranti “irregolari” scaglionato, salvi nuovi arrivi, nei prossimi 80 anni (2 di meno, comunque, della rateizzazione del debito della Lega). Niente di solido, dunque. Tutto uno scherzo. (Salvi gli stranieri e gli italiani poverissimi tolti ai tettucci di fortuna e buttati in mezzo alla strada, l’esaltazione dei processi penali liberati da ogni limite di durata e la voglia di imputati a vita, i reati bagatellari ripenalizzati, le cariche di enti scientifici e culturali tolte a titolari competenti per andare a tipi fedeli, Radio Radicale semestralizzata, giornali liberi ed emittenti locali tacitati…). Mancava l’ipotesi di truppe del genio richiamate dalle missioni internazionali per colmare le buche romane. Ieri guardavo l’albero di Natale romano, povero albero, imbragato perché rischia di perdere i propri rami inchiodati al tronco, e rimpiangevo Giovenale. Finisce il 2018, l’anno in cui perdemmo gli alberi.

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