In che mani è il mondo?
I curdi traditi che si rivolgono ad Assad e Trump che nega il ritiro delle truppe in Iraq sono una gran lezione di geopolitica e di psicologia del potere
I combattenti curdo-siriani, i gloriosi combattenti della guerra di terra contro l’Isis alleati con la coalizione internazionale guidata dagli americani, traditi platealmente da Trump che li ha regalati per telefono a Erdogan, hanno ovviamente offerto ad Assad, il nemico degli Usa e degli alleati europei, il controllo e la difesa militare di Manbij che l’esercito turco si preparava ad assaltare. Ad Assad, cioè al cinico e vile sterminatore del proprio popolo, sostenuto come un fantoccio dall’alleanza di milizie iraniane, hezbollah libanesi, iracheni sciiti, guidata dalla Russia di Putin.
Gran lezione di geopolitica e di psicologia del potere. Quello, in particolare, di Donald Trump che dopo aver fatto il deserto della sua leadership militare e diplomatica improvvisa una visita alle sue truppe in Iraq, senza prevedere un’informazione e tanto meno un passaggio di cortesia alle autorità ufficiali irachene. Le quali sono a loro volta da mesi incapaci di metter su un governo passabile e si trovano invece sull’orlo di una guerra civile fra partiti-milizie infeudati all’Iran gli uni e all’Arabia Saudita (e agli Usa) gli altri, sciiti ambedue: ciò che produrrebbe uno Yemen moltiplicato dieci volte. Quanto all’Isis “finito”, il maltrattamento tenace dei sunniti alimenta le ragioni che condussero alla sua vittoria a mani basse del 2014, e intanto i suoi miliziani dai due lati della frontiera, in Iraq e nella Siria di Deir ez-Zor, le buscano nei confronti frontali ma moltiplicano gli attacchi a sorpresa e gli agguati. Trump, più di un anno fa, nel momento in cui le sparava più enormi contro l’Iran, aveva regalato alle milizie iraniane e filoiraniane irachene Kirkuk. Oggi a Bagdad la voce dei capibanda filoiraniani che esigono la cacciata totale degli americani dall’Iraq si è fatta furiosa, contro il Trump che, “sorprendendo” gli osservatori coglioni, è andato ad assicurare che non è previsto lo sgombero dall’Iraq, che Erdogan al telefono non deve avergli chiesto. In tali mani è la pace e la storia del mondo.