No, Giorgio Pietrostefani non è una "primula rossa in fuga"
Non c’è niente di clandestino nella sua esistenza. Chiunque voglia frequentarlo lo può fare: io per esempio
Il magistrato Guido Salvini è intervenuto qui sul rientrato Cesare Battisti, rivendicando una cognizione di causa: suo padre aveva presieduto la Corte in uno dei processi per l’omicidio di Pierluigi Torregiani. Guido Salvini ha accennato anche al processo per l’omicidio di Luigi Calabresi, con una cognizione che discuterei con lui in qualunque momento e circostanza gli piacesse. Qui dirò di un dettaglio esteriore, perché Salvini scrive di Giorgio Pietrostefani che “dopo la sua fuga vive protetto all’estero, probabilmente in Francia”.
Giorgio Pietrostefani vive notoriamente a Parigi, dove ha la residenza da un gran numero di anni. Vi risiedeva già quando venne a consegnarsi al carcere nel gennaio 1997, con una previsione piuttosto fondata di non uscirne più. Ci restò 2 anni e 8 mesi, fino a quando, accolta l’istanza di revisione della nostra condanna, fummo provvisoriamente scarcerati. Non c’è niente di clandestino nella sua esistenza. Ha sempre e regolarmente lavorato. Chiunque voglia frequentarlo - e lui voglia frequentare - lo può fare: io per esempio. Con qualche limitazione in più da quando, tre anni fa, per un carcinoma al fegato, ha avuto, grazie alla sanità pubblica di quel paese, un trapianto di fegato che gli ha salvato in extremis la vita. Gli ho chiesto come va: dopo di allora infatti ha subito 13 interventi in endoscopia, di riparazione o di manutenzione (uso termini profani). I controlli permanenti e gli effetti dei farmaci immunosoppressori incidono naturalmente sulla sua vita quotidiana. Del resto, è una persona di 75 anni. Mi auguro che il titolo di “Primula rossa in fuga”, che oggi viene tributato a lui e altri in là con gli anni, lo rincuori. (Repubblica di giovedì 17 gennaio lo raffigura in effigie e didascalia, dandolo per “stabilito a Rouen”, dove non è mai andato in vita sua, sotto la dicitura “Cosa fanno Oltralpe gli ex-brigatisti”).
Dopo il respingimento della revisione, nel 2000, Pietrostefani restò a Parigi. Lo fece a malincuore, per una sola ragione: a differenza di Ovidio Bompressi e me, che avevamo figli grandi, aveva una figlia bambina e scelse di starle vicino. Gli costò. Io ne fui contento.