Il ritorno della castrazione
Ogni tanto qualcuno si fa ritentare dalla voglia di mettere le mani e tutto il resto dentro il corpo altrui
Ogni tanto qualcuno, preti, mullah, energumeni in proprio, si fa ritentare dalla voglia di mettere le mani e tutto il resto dentro il corpo altrui: il corpo per eccellenza essendo quello delle donne, e al suo centro la capacità di procurare piacere e figli agli uomini. È la frontiera insuperabile dei sentimenti sull’aborto mentre l’assalto si rinnova in forze. Siccome il potere in vigore è come una zampa spalancata ad afferrare tutto quello che le viene a tiro, ecco la concomitanza con il ritorno, che chiama a pretesto la tutela del corpo delle donne, alle pene corporali. Naturalmente il carcere è di per sé una pena corporale, la sottrazione delle condizioni in cui il corpo respira e si muove, aria e amore e libertà: ma qui sono direttamente le mutilazioni corporali a tornare. Con la premura, proclamano i promotori, le promotrici, che la castrazione non sia affare di coltellacci ma di farmaci, e al colpevole si chieda di preferirla. La Libia, comunica il governo, è un porto sicuro.