Riace e Potëmkin
Il grande rutto fantozziano contro Mimmo Lucano è davvero liberatorio o solo intimidatorio?
“Riace è una cagata pazzesca”, gridò un impiegato di concetto dal fondo della sala, e venne giù il teatro dagli applausi. Liberatori, come sono gli applausi. Non aspettavamo altro. Vorrei obiettare. Non a chi ha ragionevolmente osservato che le beatificazioni sono accecanti quanto le demonizzazioni, e sono la premessa dello sghignazzo finale. Vorrei obiettare all’inclinazione a vedere in ogni avvenimento di cronaca grande o piccola una “rivelazione”: l’Italia vera, profonda, autentica, che si rivela squarciando la cortina del luogo comune intellettuale. L’autobiografia della nazione, che continuamente torna a galla. Mimmo Lucano ha preso un numero di voti decisamente inferiore alla sua leggenda. Ma nei 15 anni in cui è stato sindaco Mimmo Lucano non era votato dalle centinaia di migranti di cui aveva riempito Riace, perché loro non votavano, né lo portavano in Municipio su una sedia gestatoria fra balli e canti equatoriali. Fu eletto, dai cittadini di Riace aventi diritto, nel 2004 col 35,4 per cento, nel 2009 col 51,7, nel 2014 col 54,48. Aveva una maggioranza relativa di voti, che diventò via via assoluta, e che ora, in tempi così cambiati, è diventata striminzita minoranza, a vantaggio della Lega che ha preso 4 punti in meno del risultato passato più basso di Mimmo. L’ha rigettato, in particolare, Riace Marina, alla cui riva erano approdati i curdi e prima i bronzi. Il mare viene e va. Va e viene lo spirito pubblico. Sulla cresta dell’onda sta il ripudio compiaciuto della correttezza politica, formula che si porta dentro l’ipocrisia, il conformismo, la buona educazione, la scoperta e la rinuncia ai pregiudizi, un bagaglio complicato insomma.
Ci sono innumerevoli modi di descrivere l’andamento del mondo. Questo della correttezza politica e del suo contrario è uno. L’andamento non è equilibrato, procede per scossoni ed eccessi. Fantozzi non ne poteva più del cineforum con ĖEjzenštejn e seguente dibattito. Era come col re nudo, la maestà era durata troppo, al punto che re, dignitari e sudditi erano estasiati dell’abito regale e non riuscivano più a vedere che non c’era, e arrivò il ragazzino screanzato a dire ridendo: Ma è nudo! Riaperti gli occhi, tornarono alla realtà, seppero immaginare una repubblica, si chiesero come avessero potuto essere così ciechi e soggiogati, finché, non potendo ghigliottinare se stessi, e non avendone voglia, dopotutto, decapitarono re e regina. C’è la rete, pozzo delle meraviglie, ma adatta soprattutto a chi voglia tagliare i panni addosso al proprio prossimo e figuriamoci a Mimmo Lucano, uno cui per essere annoverato nella casta mancavano solo le premure giudiziarie. C’è la rete a “rivelare” l’Italia vera. C’erano stati i muri dei cessi alla stazione, quando erano gratis, e poi i microfoni aperti di Radio Radicale, che sono gratis. Il Sessantotto, non era stato un’improvvisa e scanzonata liberazione dalla soggezione all’autorità paludata degli accademici? I quali non erano cattivi, semplicemente non immaginavano che potesse essere diversamente, erano abituati alla baronia, poveri, e così le altre autorità. La scorrettezza politica si guadagna ogni volta di nuovo i suoi momenti, poi, spesso, ci rimane male, come dopo una ubriachezza molesta, e le autorità spodestate si vendicano, come sui mogi scioperanti di Menenio Agrippa, come sui mortificati orchestrali di Fellini.
Un consiglio (non ufficiale) di Mao
In uno dei discorsi inediti curati da Schram il presidente Mao disse ai dirigenti riuniti in non so quale provincia: “Se volete scorreggiare scorreggiate: vi sentirete meglio”. Naturalmente, questa franca saggezza contadina poteva esorbitare, e non sarebbe del tutto lontano dal vero chi descrivesse la Grande Rivoluzione Culturale come una immane messa in pratica di quel consiglio di Mao. Qualcosa del genere, mi azzarderei a dire – non prendetemi per screanzato – sta avvenendo sotto i nostri occhi, e non a caso si evoca tanto cordialmente “la pancia” degli italiani. La Pancia del Paese. La correttezza politica se l’è cercata, dite? Con la sua stucchevolezza, la sua pretesa di intimidazione, la sua spocchia, la sua noia? Certo, in buona misura. Può darsi che il divieto di indossare qualsiasi segno di appartenenza religiosa abbia qualche responsabilità nell’ostensione del rosario e di Maria Immacolata da parte di Salvini: ma è vero anche che solo la tentazione di spiegare perché il gesto di Salvini sia miserabile è un cedimento all’infamia dei tempi. Mimmo Lucano è stato piuttosto in gamba, a Riace, e potrà fare ancora buone cose, forse migliori. Mao Tse-tung, che suggeriva anche al Partito di non lesinare sul peperoncino, non aveva incluso quel suo consiglio negli scritti ufficiali. Alla televisione italiana non si fa altro, in pubblico, tutti insieme: e sentirsi meglio. Passerà, ma ci vorrà un po’, prima di riuscire a rimettere assieme La corazzata Potëmkin e il proclama di Fantozzi. C’è un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. C’è un tempo per i selfie, e un tempo per l’alto mare.