Per un secondo referendum sulla Brexit il tempo non è ancora scaduto
Quando si commette un errore si può fare solo una cosa: riconoscerlo e cercare una seconda occasione
In un’epoca di inettitudine delle leadership politiche, tutte, tradizionali e “nuove”, la decisione di Cameron di indire il referendum sul Regno Unito e l’Unione europea fu la più imbecille. Incalzata dalla scelta di Corbyn di non impegnarsi nella campagna per restare, che equivaleva ad assecondare il lasciare. Quando si commette un errore micidiale, c’è una via d’uscita: riconoscerlo e procurarsi una seconda occasione. Né i conservatori né i laburisti lo fecero, e anzi si regalarono altre occasioni per ripetere l’errore e renderlo irreparabile. Ne furono tutti travolti, i leader conservatori anche personalmente. Ora uno striminzito Corbyn, a tempo almeno ufficialmente scaduto, si pronuncia per un referendum su qualunque esito prossimo della Brexit. Lo fa con la reticenza e l’ambiguità e la presunta, da lui, furbizia che ha spiegato qui Paola Peduzzi. In effetti, sembra difficile che una sincera mobilitazione per un nuovo referendum che abbia per fine la permanenza, il rientro, nell’Unione, possa essere efficacemente guidata dal leader che porta una responsabilità decisiva nel risultato del primo referendum. Tuttavia, la sola, sia pure tarda e opportunistica, riapertura della partita è salutare. Si pensa che sia troppo tardi. Si pensa che non sia mai troppo tardi.