Elogio delle sardine
La destra si è chiusa nel PalaDozza e ha lasciato scoperta Piazza Maggiore, che si è riempita di gente, quella che galleggia nel futuro del voto, senza che la si veda, e come se non fosse affar suo
Scrivo per gratitudine alla piazza di San Petronio di giovedì, che mi ha messo di buonumore, nella sera che i leghisti proclamavano la presa di Bologna, e mentre piazza San Marco sprofondava. “La piazza” ha un suono spregiativamente eversivo o almeno ambiguo in una nazione bella di piazze come la nostra. La destra si era appena vantata di aver espugnato piazza San Giovanni. Poi, non so perché, è andata a espugnare al chiuso il PalaDozza a Bologna – forse aveva saputo che cosa significa Dozza in bolognese. Non si aspettava di lasciare Piazza Maggiore agli altri, e non se lo aspettavano gli altri, intesi come i partiti. Così ci è andata “la gente”, parecchia gente, quella che galleggia nel futuro del voto e nel presente dei sondaggi, senza che la si veda, e come se non fosse affar suo. Il giorno dopo abbiamo letto i nomi dei quattro giovani che hanno invitato la gente a venire, bella idea, sardine comprese, frettolosamente irrise: grazie a loro. I partecipanti alla manifestazione dei centri sociali avrebbero infittito bene Piazza Maggiore, non perché facciano il gioco di Salvini, ma perché farebbero sensatamente il proprio gioco.
Non me la sento di auspicare una prosecuzione del genere “Movimento delle sardine”: la bella parola, “movimento”, che un tempo serviva a dissuadere dagli inscatolamenti, è stata dilapidata anche lei. Penso che lo slogan che i leghisti hanno scelto, “Bologna è di tutti”, sia fatto apposta per ritorcersi contro di loro. Repubblica ha dato un risalto peculiare al confronto bolognese, con buone ragioni: la “Repubblica delle Idee” bolognese dello scorso giugno era andata forte. Nella cronaca, dalla piazza di Ilaria Venturi, ho trovato un paio di citazioni meritevoli di ricordo. Una è attribuita a tre giovani donne e dice: “Però qui siamo in tanti, gente che è uscita da Facebook, reale”. La gente reale che esce da Facebook, invece di entrarci. La seconda è l’appello di un oratore a “non lasciare soli i politici”. Bella idea anche questa: poveri politici, viva la protezione civile.