Calenda non si schiera
L'ex ministro, con i suoi attacchi continui, rischia di presentarsi come equidistante fra le due trivialità della politica italiana. Perché non rinuncia agli slogan e alle lusinghe dell’equidistanza?
Forse Carlo Calenda ha delle buone idee. Lui ne sembra energicamente convinto, dunque tanto vale starlo a sentire. Però ha avuto una gran fretta di uscire dal Pd, così grande che è sembrato che non aspettasse altro. Ha avuto una gran fretta di metter su il suo partito. In queste frette, l’ho sentito descrivere la scena politica come lo scontro fra chi accusa i suoi avversari di voler trasferire l’Africa in Italia e chi accusa i suoi di essere fascisti. Questa descrizione, che Calenda ripete come a farne uno slogan, è una sciocchezza. E oltretutto gli fa rischiare di presentarsi come equidistante fra le due trivialità, non so, fra Zingaretti e Salvini, fra Peppe Provenzano e Giorgia Meloni. Naturalmente, Calenda non lo pensa, al contrario: sa bene, e lo dice, che differenza passa fra Bonaccini e Borgonzoni. Dunque perché non rinuncia agli slogan e alle lusinghe dell’equidistanza?