Medicine, digiuni e migranti
In futuro il farmaco “fast mimicking” farà ottenere all’organismo un effetto paragonabile a quello del digiuno, pur continuando ad abbuffarsi. Che cosa potrebbe pensare un migrante di un mondo in cui si prende una medicina per annullare gli effetti del cibo?
Il sito di Repubblica riferiva la settimana scorsa una ricerca condotta da un neuroscienziato di Baltimora secondo cui l’alternanza di una dieta sana col digiuno, parziale (16-18 ore al giorno senza nutrirsi) o totale (2 giorni alla settimana), è salutare per il corpo e, forse, per la mente, l’apprendimento e la memoria. Fin qui niente di nuovo, direi, e non so nemmeno come mai mi sia messo a leggerlo. Ma nelle ultime righe c’era una vera perla: “In futuro si potrà arrivare a nuove strategie di intervento per contrastare neurodegenerazione e demenza basate sul digiuno e sviluppare un farmaco ‘mima-digiuno’ con la stessa efficacia del digiuno su corpo e mente”. Immagino che la traduzione dipenda dalla nozione di “fast mimicking diet”, dieta ipocalorica che ottiene all’organismo un effetto paragonabile a quello del digiuno. Il farmaco “fast mimicking”, mima-digiuno, è un gran passo avanti: tu continui ad abbuffarti, ma prendi la tua pastiglia che annulla le conseguenze dei pasti e ti lascia innocente come un digiunatore. Non voglio apparire antiscientifico, ma non posso fare a meno di pensare alla nota diatriba sulle ragioni diverse che spingono esseri umani a migrare dal sud al nord del mondo. Immaginate di essere un giovane pastore sudanese desertificato che venga a sapere di un mondo in cui si prende una medicina, passata dalla Sanità pubblica, per annullare gli effetti micidiali del cibo. Vengono per curarsi.