“Fuori l'Iran dall'Iraq”
I prossimi giorni mostreranno se e fino a che punto la ribellione civile che aveva scosso l’Iraq da mesi sia uscita piegata dalla mobilitazione antiamericana suscitata dall’attacco a Suleimani
Salvi possibili colpi di mano e di missili, i prossimi giorni, e già oggi, venerdì, mostreranno se e fino a che punto la ribellione civile che aveva scosso l’Iraq da mesi, contrapponendo con una determinazione senza precedenti, e con un costo di vite altissimo, la popolazione in grandissima maggioranza sciita, specialmente la sua parte più giovane, al regime delle tribù e delle bande armate sciite e dei loro notabili, sia uscita piegata e ricattata dalla mobilitazione antiamericana suscitata dall’attacco a Suleimani e ai suoi. C’è un apparente paradosso, perché la parola d’ordine oggi proclamata dal regime di Baghdad, l’uscita degli Stati Uniti e di tutte le forze straniere dal paese, sembra la stessa che aveva sospinto le grandi manifestazioni popolari di strada, da Nassirya a Bassora alla capitale alle città sacre della shia. La differenza fatale sta nel fatto che quel programma “nazionale” è ora agitato dal notabilato sciita legato all’Iran dei pasdaran, che lo fa proprio, mentre la rivolta popolare aveva preso di mira soprattutto l’invadenza iraniana e la sudditanza dei partiti e delle milizie obbedienti a Suleimani.
E’ caratteristico, benché come sempre grottesco, l’atteggiamento del demagogo Moqtada al Sadr, titolare del principale pacchetto di voti in parlamento. Dopo aver fatto la voce più grossa di tutti sulla ritorsione antiamericana – chiusura dell’ambasciata a furor di popolo, cacciata e “umiliazione” delle truppe – Sadr si è affrettato a dichiarare conclusa la fase acuta del confronto fra Usa e Iran, a invitare le milizie sciite ad astenersi da prove di forza, a concentrare tutto su nuove elezioni e sul programma politico e diplomatico dell’uscita delle forze straniere dal paese. E insieme a spegnere il movimento delle manifestazioni, di cui a lungo aveva cercato di risultare il principale beneficiario, prima di esserne scavalcato: proprio a Najaf, la città sacra del santuario di Ali, il primo imam sciita, e roccaforte della famiglia di Sadr, alla fine di novembre il consolato iraniano era stato assaltato e dato alle fiamme dalla folla al grido di “Fuori l’Iran dall’Iraq”.