Così come il coronavirus ha riportato in auge Manzoni, vorrei che il bel romanzo dello scrittore di Saronno rimettesse in onore "Le confessioni d'un italiano"
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Il contagio ha rimesso in onore Alessandro Manzoni e le pagine sulla peste e gli untori e le superstizioni – senza valere, peraltro, da vaccino. Sarebbe bastato il decreto sulle intercettazioni, se il virus non ne avesse annichilita l’attenzione, a richiamare Manzoni e Verri. Viva Manzoni, dunque. Ma augurerei che il romanzo ambizioso e potente di Giorgio Fontana, “Prima di noi” (Sellerio), una storia d’Italia da Caporetto ai giorni nostri attraverso quattro generazioni di una famiglia, anche grazie alla sua radice friulana, rimettesse in onore “Le confessioni d’un italiano”. Non per riprendere la vecchia partita, giocata e perduta una volta per tutte, di Manzoni contro Ippolito Nievo, e specialmente di Lucia contro la Pisana. Manzoni del resto aveva coperto il campo con la monaca di Monza. Nievo, l’ottuagenario annegato garibaldino a trent’anni, non ha bisogno di duelli letterari. Ora, sarà la suggestione dei tempi, ma mi pare di vedere una somiglianza fra la fisionomia di Ippolito Nievo e quella di Giorgio Fontana: guardate bene.