Il direttore del Foglio, Claudio Cerasa (foto LaPresse)

Destra? Sinistra? Il Foglio si misura con i fatti e con la loro interpretazione

Adriano Sofri

Garantismo, antipopulismo ed europeismo: i punti non negoziabili

Giovanni Bianconi conduce la rassegna “Prima pagina” per Radio 3 e siccome è bravo cerco di ascoltarlo alternandolo a Roberta Jannuzzi per “Stampa e regime”. Ieri Bianconi ha detto, più o meno: e ora passiamo ai giornali che si richiamano alla destra, cominciando dal Foglio, che almeno all’origine si caratterizzava così. La sequenza sarebbe il Giornale, Libero, la Verità. Allora mi sono chiesto se il Foglio oggi sia di destra. Non che cambi molto per la mia personale situazione, che vi dimora provvisoriamente da ventitré anni, lungo i quali dichiarandosi il Foglio sperticatamente, cioè eccentricamente, berlusconiano, la sua topografia sembrava accertata.

 

E oggi? Naturalmente io rido di chi prende la propria confusione mentale per il superamento della destra e della sinistra. Ma so che le cose, dopo il socialismo umanitario e i comunismi marxisti, si sono complicate; e non a caso, mentre i ragazzi che si dicono anarchici sono ipso facto passibili di arresto, parecchie persone di una certa età e una certa carriera si dichiarano volentieri “fondamentalmente anarchico”, nozione che vale una carta di esonero dal servizio di leva per insufficienza toracica. Ora, mi pare che sia abbastanza possibile distinguere che cosa voglia dire essere di sinistra per ciascuna persona e per la vita che conduce, che si tratti di una madre di famiglia o di un padre della chiesa e viceversa. E oltretutto, mancate da tempo e fortunatamente le anagrafi centrali da cui dipendevano le carte d’identità politiche, continua a valere l’autocertificazione.

 

Ma un giornale? Quali criteri si seguiranno? Accordiamoci su una premessa: che un giornale non ha “un’anima”. Può suonare demoralizzante, ma almeno evita di gemere per la perdita dell’anima – i nostri magazzini degli oggetti smarriti traboccano di anime perse. Un giornale si misura con i fatti e con la loro interpretazione. Di questi tempi (ma forse sempre) molte cose vanno a rotoli e dunque un giornale può cercare di fare il possibile per arginarle. C’è la questione del governo. Il governo in vigore (vigore è parola forte, ma insomma, il governo che c’è) ha di fronte un’opposizione con la bocca spalancata come il pescecane di Pinocchio, e l’opposizione è senza dubbio di una destra piuttosto estrema. Il Foglio, nel suo orientamento d’insieme – che sembra difficile da definire con tutti quegli ospiti stravaganti –, diciamo nelle predilezioni di direttore e fondatore e squadra principale, è senza dubbio favorevole al governo per contrarietà radicale a quella destra, Lega e Fratelli d’Italia. Si obietti pure che i 5 stelle non possono essere definiti di sinistra se non per scherzo, ma la controprova sta nel fatto che il Foglio era fortemente contrario al governo precedente, fondato sull’alleanza fra i 5 stelle e la Lega. Per capirci, il manifesto, che è di sinistra, è anche lui a suo modo favorevole al governo, almeno per opposizione a quella destra.

 

Subito dopo, o anche subito prima, come volete, viene il criterio della posizione internazionale dell’Italia: sull’Europa, e sul mondo. Il Foglio è risolutamente per l’Europa. Sul mondo, è per la storica collocazione internazionale, come si dice, dell’Italia, e con un’avversione altrettanto radicale, che coinvolge cioè convinzioni politiche e sensibilità estetiche, per Donald Trump.

 

Subito dopo eccetera viene il criterio della giustizia e del rapporto fra politica e giustizia. Qui sento già l’obiezione: il garantismo del Foglio è l’accessorio della difesa oltranzista di Berlusconi dall’azione giudiziaria a suo carico. Può darsi, ma l’attenzione alla pratica carceraria, alla questione dei delitti e delle pene, l’astensione rigorosa dalla pubblicazione impropria e indecente delle intercettazioni (anche a scapito del proprio mercato), la rivendicazione dell’indipendenza di rappresentanti politici e legislatori da una parte e magistrati dall’altra, sono altrettanti criteri decisivi di distinzione fra destra e sinistra: a meno che non vogliate ritenere Travaglio e Davigo in qualunque misura toccati da una sensibilità di sinistra.

 

Quanto al governo, il Fatto di Travaglio (che ha anche lui i suoi e le sue estravaganti, naturalmente) è più perdutamente fautore della sua durata: ma non è secondario che i suoi prediletti siano i 5 stelle e il Foglio abbia qualche maggior fiducia, o minor sfiducia, nella responsabilità più o meno media, o anche mediocre, degli eredi del centrosinistra di un tempo. Restano, lo so, alcuni luoghi comuni della visione storica e anche della retorica politica su destra e sinistra, “Israele”, “il liberismo”… E l’influenza umana sul clima, i princìpi non negoziabili, e le simpatie per Ratzinger a preferenza di Francesco o viceversa. Cose grosse, certo. Altrettante, ai miei occhi, questioni dibattibili e dibattute, anche quelle non negoziabili e non negoziate.

Far passare il Foglio per un giornale di sinistra, da parte mia, è un po’ come far attraversare la strada alla vecchietta che non vuole: tentazione di cui ho sempre sofferto. Ma questo sommario e arbitrario catalogo, non avendo io voce nel capitolo del Foglio, era solo per suggerire a Bianconi di ripensare alla mappa dei quotidiani, di rimescolare le carte, per così dire, operazione per la quale è del resto attrezzato.

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